Estorsioni al negoziante? Macché: tutti quanti assolti

Accusati di aver estorto denaro a un imprenditore per un anno: tutto assolti in primo grado. L’accusa aveva chiesto condanne comprese tra i dieci anni e sei mesi e i sei anni per i presunti capi della banda.

La vicenda fece scalpore e venne a galla nell’ottobre 2008 quando furono arrestati i fratelli Parisi, Vittorio di 37 anni, Antonio di 34 e Vito di 39, e i componenti della famiglia Palladino, il padre Raffaele, 68 anni, e i figli Pasquale 38 anni e Mario di 34 anni, tutti residenti a Cittiglio.

Per l’accusa, in collaborazione con l’albanese Luljia Lorenc, di 32 anni, per un anno avevano estorto denaro a un commerciante di Gavirate arrivando a spillargli 60mila euro. La procura ha riepilogato le somme pagate dal commerciante: uno “stipendio” di 8000 euro al mese e richieste “una tantum” che andavano dai 1.500 agli ottomila euro in più.

Sempre più pressanti

Richieste a cui il commerciante, inizialmente ha cercato di dare risposta con il risultato che queste diventavano sempre più pressanti, ed erano accompagnate anche da minacce e lesioni.

Il commerciante avrebbe ceduto anche prodotti da lui venduti: pc portatili, tivù, sistemi satellitari. Per procurarsi i soldi avrebbe ceduto anche due auto.

Dopo la denuncia, nel febbraio 2008, erano partite le indagini dei carabinieri, coordinate dal sostituto procuratore Sara Pozzetti. Che, tra intercettazioni tabulati telefonici e ricostruzioni dei movimenti della banda, hanno portato il gip Giuseppe Battarinoa confezionare l’ordinanza di custodia cautelare.

Anche lesioni personali

I reati contestati per tutti gli arrestati erano quelli di estorsione, tentata rapina e lesioni personali.

In casa degli arrestati erano stati inoltre trovati un televisore e due notebook appartenenti alla vittima, oltre a un assegno da 50mila euro e alcune cambiali. Ieri pomeriggio la sentenza di assoluzione pronunciata dal presidente di collegio Anna Azzena. Soddisfatti i difensori Corrado Viazzo, Marco Lacchin, Augusto Basilico e Irene Visconti.

«Gli indagati – ha commentato Viazzo – Sono anche stati detenuti per mesi con misura di custodia cautelare». Le motivazioni della sentenza non sono ancora state depositate: «Abbiamo sempre sostenuto l’inattendibilità delle dichiarazioni del denunciante – hanno spiegato i difensori – Che ha avuto problemi di droga e di stabilità finanziaria». La procura, vista l’entità delle richieste di pena, molto probabilmente appellerà la sentenza di primo grado.

© riproduzione riservata