«Il lago va conosciuto o gli si fa del male»

Conviviale dei Lions: a tu per tu con i tre Giorgetti. Il pescatore Ernesto: «Ora vi racconto la mia verità». Duro sfogo: «Quanti errori negli anni, dai fiori di loto al phoslock». I primi dolori dopo l’urbanizzazione

Una serata per raccontare la “sua” verità sul lago di Varese: , lo storico pescatore cazzaghese, è più agguerrito che mai dopo mesi di campagna mediatica ed esternazioni istituzionali, che hanno seguito quest’estate l’improvvisa comparsa di una spessa e puzzolente crosta marrone sulla superficie del lago dei varesini.
L’occasione è una serata conviviale organizzata dal Club Lions Valganna Eremo San Gemolo al ristorante Tana d’orso al Borgo di Mustonate: «Bisogna domandare a chi il lago lo vive davvero, come me che ho imparato il mestiere di pescatore da mio padre, e lui da mio nonno, e prima ancora dal bisnonno».

Giancarlo con Paolo ed Ernesto Giorgetti alla serata organizzata dal Club Lions Valganna Eremo San Gemolo

Giancarlo con Paolo ed Ernesto Giorgetti alla serata organizzata dal Club Lions Valganna Eremo San Gemolo

(Foto by Varese Press)

«Ci vogliono anni per imparare a conoscere il lago e capirne tutti i cambiamenti. Il lago non è immobile, è un organismo vivente in costante trasformazione. L’uomo, quando non sa le cose, agisce quasi sempre a sproposito», dice Ernesto Giorgetti.
E ricorda gli anni Venti quando il lago fu “manomesso” per abbassarne il livello di un metro, e recuperare terre coltivabili come nell’800, o come quando si strappano i fiori di loto «perchè si crede che soffochino il lago»,

o quando si voleva ossigenare il lago piazzando a caso bombole di gas, o quando si voleva ricoprirne il fondo con una sostanza sintetica, il phoslock «ma per fortuna non c’erano i soldi per farlo», o quando ancora, più recentemente, qualcuno ha proposto di dragare interamente il lago per ripulirlo «ma non basterebbe l’intera Valcuvia per stoccare i residui: una ipotesi insostenibile anche in termini di costi, e poi perchè? il lago si auto-ripulisce nell’arco di un anno e dieci mesi, e gratis».
Sorride, quando il figlio Paolo, che ha preferito gli studi aeronautici alla attività di pesca, ma collabora attivamente alla gestione della Cooperativa Pescatori, sventola alcuni articoli tratti dai media locali che ogni anno propongono titoloni ad effetto.
«Le fioriture algali che si colorano in modo diverso a seconda delle stagioni sono una caratteristica dei laghi eutrofici come questo, ma la loro comparsa spropositata è dovuta agli inquinanti che finiscono nel lago», dice Ernesto.

Il lago sofferente la scorsa estate: qui siamo a Gavirate

Il lago sofferente la scorsa estate: qui siamo a Gavirate

(Foto by Varese Press)

«Tutto ebbe inizio a seguito della urbanizzazione delle sponde a partire dalla metà degli anni ’50: per governare gli scarichi fognari fu progettato un collettore, che venne realizzato purtroppo una trentina di anni più tardi. Il collettore era già inadeguato perchè senza modificare il progetto d’origine si era deciso arbitrariamente di accogliere anche le acque del bacino di Varano/Ternate; era già insufficiente perché non tutti gli scarichi urbani viaggiano attraverso il collettore, quelli di Gavirate tuttora non sono completamente ricompresi; nato male, anche perchè nel collettore confluiscono le acque meteoriche che in caso di precipitazioni abbondanti danno origine a tracimazioni di scarico inquinante nel lago.

Il lago sofferente la scorsa estate: qui siamo alla foce del Bardello

Il lago sofferente la scorsa estate: qui siamo alla foce del Bardello

(Foto by Varese Press)

«Una soluzione ragionevole potrebbe essere quella di non portare tutto il liquame al Bardello, ma costruire altre vasche di decantazione, per esempio alla Brabbia e a Capolago, spazzando in più tronconi il lavoro del collettore», dice Paolo.
Subito incalzato dal padre Ernesto: «Ma la Cooperativa Pescatori non è nemmeno stata convocata all’ultimo tavolo di esperti riunito per fare il punto sul lago».
Conclude le riflessioni della serata un illustre familiare, , deputato e presidente della Cooperativa Pescatori: «Bisogna ridare importanza alla conoscenza di cui sono depositari i pescatori, far sì che la loro cultura non vada dispersa, ma tramandata alle nuove generazioni, perchè saranno loro a doversi prendere cura del lago in futuro».