L’accoglienza diffusa che salva una vita. Il messaggio del sindaco Silvio Aimetti

Il contributo del portavoce della Rete Civica alla marcia milanese guidata dal collega Sala

Alla marcia dell’accoglienza in programma ieri a Milano non ha potuto partecipare personalmente, ma , primo cittadino di Comerio e portavoce della Rete Civica dei sindaci per l’accoglienza, un suo contributo ideale alla manifestazione lo ha voluto comunque mandare, non facendo mancare quindi il suo sostegno e plauso all’iniziativa guidata dal sindaco di Milano. Sulla propria pagina Facebook, Aimetti ha postato ieri mattina, a poche ora dall’inizio del corteo, un video che lo ritrae in fascia tricolore,

nel suo ufficio, con davanti a lui due pacchi di risme di carta che abitualmente si utilizzano per le fotocopie. Utilizzando la metafora delle risme, il sindaco comeriese ha voluto spiegare cosa significhi concretamente accoglienza diffusa, il progetto che la Rete Civica porta avanti ormai da mesi sul nostro territorio e la sua reale efficacia. «Senza volere essere irriverente nei confronti di nessuno e tanto meno verso quelle persone che sono morte – spiega Aimetti – ho pensato alla vita di una persona come a un foglio di carta». Un foglio di carta che può contenere un po’ di tutto, proprio come la vita di una persona; gioie ma anche dolori, momenti belli e momenti difficili, esperienze positive ed esperienze negative. Indicando i due pacchi di risme sulla scrivania davanti a lui, il sindaco di Comerio ricorda come «l’anno scorso, nel Canale di Sicilia, sono morte cinquemila persone». Prendendo in mano una risma di carta aperta, il portavoce della Rete Civica ha spiegato con questa immagine cosa significhi fare accoglienza diffusa. «Ospitare due persone ogni mille abitanti – ricorda nel video Aimetti – vuol dire inserire in una risma soltanto un foglio, soltanto una vita». Nella parte finale, il sindaco comeriese si rivolge direttamente ai suoi colleghi primi cittadini. «Noi sindaci dobbiamo adoperarci tutti per favorire l’accoglienza diffusa nelle nostre comunità». Un metodo che permette l’ottimale inserimento sociale dei migranti richiedenti asilo, che possono imparare l’italiano e rendersi utili alla comunità che li accoglie attraverso lavori di volontariato socialmente utili. Progetto che una delegazione dei sindaci del Varesotto ha portato a Papa Francesco alcune settimane fa, incassando l’incoraggiamento del Pontefice ad andare avanti.