Mistero ad Azzio In cripta scheletri di 12 frati

Rinvenute ad Azzio 16 nicchie, 12 delle quali occupate da scheletri di frati appartenenti all’ordine dei frati francescani minori. Il ritrovamento é avvenuto nel 2012 durante alcuni lavori all’interno della chiesa del convento del paese.

L’obiettivo era quello di installare un sistema di riscaldamento a pavimentazione, ma durante gli scavi è stata scoperta una cripta, o meglio una camera ipogeica. Così, il laboratorio di Antropologia fisica e molecolare dell’Università dell’Insubria ha partecipato a un bando di gara per ottenere i fondi necessari per studiare i resti. Gli esperti del laboratori hanno vinto il bando di gara e da allora stanno analizzando i frammenti ossei ritrovati, di proprietà della Soprintendenza ai Beni architettonici.

«La cosa straordinaria – spiega la dott.ssa , una delle referenti dello studio – era la modalità con cui questi frati erano stati sepolti: seduti su una sorta di sedile in pietra e poi murati. Dico che si tratta di una cosa straordinaria per il nord Italia, perché al tempo, ipotizziamo che la cripta risalga al 1600, questo rituale era comune nel sud del Paese all’interno degli ordini religiosi. Ce n’è traccia a Napoli, in Sicilia e a Ischia».

Ma c’è un’altra particolarità in questa grande scoperta. A differenza di quanto scoperto a Azzio, a Napoli questi sedili, chiamati colatoi o cantarelle, presentavano un foro centrale all’interno della seduta. Questo foro, secondo l’usanza, serviva per far colare i liquami biologici durante la fase di putrefazione del corpo e favorirne l’essicazione. Questa fase durava dagli 8 ai 12 mesi, il tempo necessario perchè i corpi si disidratassero naturalmente. In Sicilia, invece, i colatoi erano orizzontali per ottenere la mummificazione del corpo.

Il caso più famoso è quello di Ischia dove sono stati ritrovati, all’interno di un ambiente sotterraneo, gli scheletri di alcune monache clarisse. «Le suore andavano in suffragio nel sotterraneo e pregavano per le sorelle defunte – continua la dott.ssa Licata – Quello che noi stiamo cercando di fare all’interno del laboratorio è capire la ritualità legata a queste sepolture. Nel Sud Italia l’usanza del tempo era quella di una doppia sepoltura. Una volta terminata la fase di putrefazione del corpo, questi cadaveri venivano sepolti nella destinazione finale. Si pensa che questa pratica fosse legata a qualche tipo di rituale che ha a che fare con la paura del cadavere durante la fase di putrefazione, vista come qualcosa di impuro: una sorta di metafora che associava quella fase al purgatorio prima della sepoltura definitiva».

Ora, casi analoghi nel nord Italia sono più unici che rari. A Valenza Po, in provincia di Alessandria, sono stati trovati degli scheletri di alcune suore, all’interno di un sotterraneo della Chiesa dell’Annunziata, sepolte sedute e murate come se fossero riposte all’interno di una sorta di sarcofago. Anche a Cuvio è stata rinvenuta una sepoltura di questo tipo. «Ora vogliamo capire se si tratta di un rituale di doppia sepoltura come al sud o di altro. All’interno della cripta di Azzio, sopra un altare abbiamo trovato tre teschi, usanza tipica sempre del sud del Paese, e liberando le macerie delle murature abbiamo scoperto un ossario comune: probabilmente, i frati muravano i fratelli morti e, terminata la fase di putrefazione, rompevano la muratura, gettavano le ossa nell’ossario, per poi riutilizzare gli spazi per murare i nuovi defunti dell’ordine».

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