Ruspe a Case Nuove. Tra i rimpianti

Iniziata ieri la storica demolizione degli edifici delocalizzati a due passi da Malpensa a Somma. Gli abusivi che ci vivono: «Un peccato mortale distruggerle e non darle a chi non ha un lavoro»

– Ore 10 del 4 febbraio 2015: la pinza che frantuma la muratura degli edifici di Case Nuove entra in funzione alla presenza del sindaco di Somma Lombardo . La demolizione di 48 case nella frazione sommese prende il là in via De Pinedo, sotto gli occhi di , proprietaria della casa, la prima a cedere sotto il braccio armato delle ruspe. E’ l’effetto della delocalizzazione, l’accordo quadro di programma tra ministero, Regione, Provincia, enti locali che, a partire dal 1999, ha permesso agli abitanti della frazione a due passi da Malpensa (ma anche ad altri di Ferno e Lonate Pozzolo) di vendere casa a Finlombarda, la finanziaria di Regione Lombardia e traslocare altrove, più o meno lontano dalle rotte di decollo e atterraggio degli aerei.

Case vuote, riabitate da senzatetto. Mentre macchine e operai sono al lavoro, arrivano due uomini, un senegalese e un siciliano, che in una di quelle case ci vivevano da 4 mesi. «Non potete entrare lì», urla un operaio. «Non c’è più niente dentro».
Loro entrano lo stesso, fanno un giro veloce ed escono. Omar, proveniente dal Senegal, aveva una valigia con tutta la sua roba dentro. Luciano voleva prendersi il suo materasso e anche la bombola «perché

costa comperarne un’altra», dice.
«Stavamo qui da quattro mesi (indicano la casa di fronte alla prima in fase di demolizione), i tre mesi precedenti in un’altra e i due mesi prima in un’altra ancora. E’ un appartamento gratis. Abbiamo rotto la porta e siamo entrati», raccontano. «C’è tutto dentro, in quest’ultima un bel bagno con due lavabi e la vasca con idromassaggio. Manca la corrente ma l’acqua c’è. E’ un peccato mortale non dare queste case a qualche disoccupato. E poi, piuttosto che disturbare Malpensa e stare a dormire lì, usiamo queste case».

Loro il lavoro non ce l’hanno. «Ci occupiamo dei carrelli a Malpensa, portiamo le valigie fino al check-in e prendiamo la mancia. A volte si arriva anche a 100 euro al giorno. Ma adesso ci sono i poliziotti anche in borghese che ci mandano via. Io, però, non sono capace di rubare», dice Luciano. «Da sei anni non vedo uno stipendio e il mare. Ma per 32 anni ho lavorato in regola. Perché il Comune non ci dà una mano? Anziché aiutare i profughi, comincino ad aiutare gli italiani». Insieme sono arrivati e insieme se ne vanno, Luciano e Omar.

Entro la fine di maggio saranno abbattuti 48 edifici a Case Nuove, 14 a Ferno e 40 a Lonate Pozzolo, sotto l’occhio vigile di Aler Varese, stazione appaltante dei lavori. Mentre a Lonate è già terminato lo “streep out” delle case, svuotate di infissi e arredi, lunedì sarà cantierata la zona delocalizzata di Ferno. «Diventerà un’oasi di pace questo paese», commenta un uomo che sta passando in auto da via De Pinedo. «Hanno sbagliato ad andarsene da Case Nuove. Non si sente neanche più il rumore degli aerei». Il futuro è incerto. «Dipende da cosa ne sarà di Malpensa», sostiene il sindaco Colombo. «La politica nazionale deve decidere se ridare slancio a questo aeroporto».