Brexit, meno tre: Una certezza: dopo il voto nulla sarà più come prima

Referendum - Il 23 giugno i cittadini britannici dovranno scegliere se restare o meno nell’Unione Europea

Sulla Brexit il conto alla rovescia è arrivato alle battute finali. Siamo al giorno meno tre dal referendum sull’Ue che da mesi agita la Gran Bretagna e l’Europa. Sul piatto molte variabili e, qualsiasi sarà l’esito, una cosa appare chiara: nulla sarà più come prima. Dopo che il 23 giugno, con un referendum, i cittadini britannici avranno scelto se restare o meno nell’Unione Europea, si apriranno due differenti scenari, solo in parte immaginabili a priori.

La vittoria del sì alla Brexit, è bene dirlo, non avrà un effetto immediato. Nessuna uscita repentina di uno degli Stati membri dell’Unione infatti è prevista dalle regole del gioco che, al contrario, prevedono in questo caso l’avvio di una negoziazione che dovrà essere conclusa entro due anni. Un lasso di tempo nel quale ci si siederà attorno al tavolo per dettare ciascuno le sue condizioni. Gli scenari possibili? Due sono i modelli ai quali attualmente si può

pensare di ispirarsi per la regolamentazione futura del rapporto tra Unione Europea e Gran Bretagna. Nel primo caso potrebbe essere scelto l’esempio di ciò che accade già oggi per lo Spazio economico europeo, che lega i 28 Paesi membri ad Islanda, Lichtenstein e Norvegia. Il Regno Unito potrebbe accettare di collocarsi in questo contesto, con una serie di conseguenze differenti dal punto di vista economico e sociale. Altra via sarebbe quella di regolare i rapporti tramite accordi bilaterali, come oggi accade con la Svizzera che ha concluso con l’Unione una serie di “patti” per disciplinare materie quali ad esempio il lavoro e la circolazione delle persone. In questo caso i festeggiamenti del prossimo anno per l’anniversario del trattato di Roma assumerebbero ben altro tono e c’è chi teme un effetto domino, che potrebbe portare altri Paesi ad abbandonare l’Unione.

Ma anche la vittoria del fronte opposto, ovvero del no alla Brexit, avrebbe delle conseguenze: sicuramente meno devastanti, ma non prive di incognite sullo scenario europeo. Dopo il voto, in questo caso, è prevista l’entrata in vigore dell’accordo concluso a febbraio dal primo ministro David Cameron con i leader degli altri 27 Stati membri. In pratica si tratta di un accordo che prevede, per la Gran Bretagna, alcune concessioni rispetto alle regole europee in materia di libera circolazione delle persone. Il premier britannico, favorevole a restare in Europa, ha giocato le sue carte nei mesi scorsi negoziando questo patto, che offre al Regno Unito la possibilità di non applicare alcune prestazioni di sicurezza sociale ai lavoratori degli Stati entrati nell’Unione negli ultimi anni, o che entreranno nel futuro. Una condizione che salvaguarda i cittadini degli Stati che da più tempo appartengono all’Ue, come l’Italia. È evidente che, anche in questo caso, le conseguenze non mancherebbero poiché a livello di Unione Europea si creerebbe un precedente “pesante” nella gestione dei rapporti tra gli Stati: la percezione sarebbe di una possibilità di trattare e negoziare su singoli “pezzi” dell’Unione da prendere o lasciare ingaggiando un braccio di ferro a suon di referendum e di minaccia di uscita.