La busta arancione ci porta nel futuro. Ma è quello giusto?

In primo piano - Al via le simulazioni sugli assegni che ci ritroveremo in tasca. E non sempre i conti tornano

A un mese dall’invio delle buste arancioni, non si spegne l’attenzione sull’argomento che ha proiettato molto italiani in età lavoro in un viaggio nel futuro non sempre esaltante.
In molti – non avendo ricevuto la fatidica busta – sono andati di spontanea volontà sul sito dell’Istituto pensionistico, per trarre da sé il pronostico sulla loro vita da pensionati. E in molti si stanno accorgendo che, al di là dello choc iniziale, le vie per correre ai ripari ci sono.

La busta arancione non era destinata ad arrivare in tutte le case: ne sono infatti state spedite circa sette milioni. Obiettivo? Spingere i destinatari a munirsi del codice elettronico di accesso alla piattaforma online per la simulazione della propria situazione pensionistica, attraverso il servizio dell’Inps denominato “La mia pensione”.
Una sorta di viaggio nel tempo futuro per vedere quale sarà il tenore di vita che ci potremo permettere una volta lasciato il lavoro. Ma,

al di là di chi la busta l’ha effettivamente ricevuta, tutti possono chiedere le credenziali e accedere alla simulazione.
Su come si comporta il sistema di calcolo non sono mancate le perplessità. Il simulatore, infatti, utilizza innanzitutto il quadro normativo vigente, al netto dunque di possibili e probabili ritocchi e riforme. In secondo luogo prende in esame tre elementi che sono l’età del lavoratore, la storia lavorativa e il reddito. Infine si basa su di una proiezione di crescita media del Pil dell’1,5%: ed è questo il punto che – naturalmente – desta le maggiori perplessità per un’asticella che sembra fissata troppo in alto rispetto alla situazione reale.
Ad ogni modo, il lavoratore che fa la simulazione può poi inserire e modificare alcune informazioni che tengano ad esempio conto di eventuali periodi di inattività per la perdita del lavoro. In buona sostanza l’accortezza sembra essere quella di un considerare la simulazione come un oracolo, ma piuttosto come un dato di “tendenza”.

Cosa fare se si resta delusi dalla prospettiva di una vita da pensionati un po’ sotto tono rispetto al proprio standard? Le leve su cui agire sono diverse e tutte meritano una attenta valutazione. Sicuramente il pilastro maggiore è rappresentato da strumenti di previdenza integrativa.

Qui si collocano sia i Fondi pensione chiusi o negoziali, propri di alcune categorie produttive (in base a specifiche contrattazioni tra sindacati e datori di lavoro), che quelli aperti e destinati a chi lavora in comparti dove non siano stati attivati i primi.
Questi ultimi possono essere proposti da banche, assicurazioni, Sim e Società di gestione del risparmio.
Ci sono poi prodotti come i piani di investimento pensionistico o strumenti che guardano anche a investimenti con qualche dose di rischio che strizzano l’occhio a una componente di investimento azionario. Vi è poi il tasto del riscatto della laurea a cui guardare sia per la componente economica che per quella temporale, dal momento che esso ha anche l’effetto di anticipare un pochino il momento di andare in pensione.
Tuttavia il riscatto è particolarmente conveniente se fatto nei primi anni di lavoro, altrimenti con il passare del tempo e la crescita della retribuzione, diventa troppo pesante e poco convenente.

Non va infine dimenticato che il Fisco è particolarmente ben disposto nei confronti della previdenza complementare.
I versamenti, infatti, sono deducibili con dei tetti massimi e anche le prestazioni finali hanno una tassazione di favore quando si tratti di rendite vitalizie.