Energia low cost per le nostre aziende

Diminuire al più presto gli oneri impropri che si nascondono nelle bollette. È la richiesta degli imprenditori che consumano energia che passa per bocca di Marino Vago. Con la tintoria di Busto Arsizio che porta il suo nome, di questi temi si deve occupare tutti i giorni. Ben tre persone nella sua azienda – i dipendenti sono 38 in tutto – devono occuparsi di tener dietro alle continue scadenze e rendere il più possibile efficiente il processo, recuperando e risparmiando al massimo «un po’ come facevano i contadini, che del maiale non buttavano via niente».

La Vago, d’altra parte, è più di altre energivora. E’ nel settore della nobilitazione tessile. «I nostri processi produttivi, come quelli di tintura e saponatura, richiedono molto calore», spiega Vago: «Tra elettricità e metano, i costi per l’energia incidono per il 15 per cento sul nostro fatturato».

Il consorzio Energi.Va, quello promosso dell’Unione industriali, dà a questa impresa una mano nel trovare le migliori offerte. «Bisogna stare attenti», spiega infatti, «al prezzo ma anche alla qualità, che si traduce nella correttezza del fornitore: troppo spesso, altrimenti, in bolletta si trovano nascoste “piccole furberie” che non possiamo certo permetterci». Vago racconta che, carte alla mano, si è reso conto che «il costo puro dell’energia, al kilowatt, sta ultimamente diminuendo, anche in modo significativo». «Il conto totale però continua a salire». Addirittura «tasse, costi di servizio, contributi per il fotovoltaico e chi più ne ha più ne metta, sono arrivate ormai a incidere più del 50 per cento. Il costo della materia prima, insomma, è inferiore alla metà del conto complessivo».

A dover agire, e in fretta, è il Governo: «Occorrono scelte di politica industriale ben precise», chiede Vago, che nell’Europa in questo caso vede un punto di riferimento importante: «Dobbiamo essere ottimisti, queste scelte andranno per forza fatte se la Comunità europea ha deciso di riportare l’incidenza del manifatturiero al 20 per cento del Pil. Uno degli aspetti competitivi da cui non si può prescindere è certamente il costo dell’energia, dovremo adeguarci ed eliminare questi oneri».

I dati più recenti parlano di un costo maggiorato tra il 25 e il 35 per cento, questa la misura del carico che le pmi italiane devono sopportare a differenza dei loro concorrenti stranieri. «Renzi», dice, «ha già dato un segnale importante, dicendo che diminuirà gli oneri del 10 per cento, aspettiamo che alle parole seguano i fatti». Ne va dell’esistenza di imprese come la sua, sopravvissuta alla crisi insieme ad una manciata d’altre, in un territorio che del tessile andava fiero ma che oggi soffre.

Il turn over della Vago è di circa 7 milioni e 400 mila euro, lavorando esclusivamente conto terzi. «Sono 60 anni che siamo nel settore, a monte del processo produttivo del tessile», conclude l’imprenditore: «Da noi passano le lavorazioni di pregio. Oggi trasformiamo quasi esclusivamente filati di produzione straniera: indiani o egiziani, ad esempio. Quello che esce dal nostro stabilimento diventerà un prodotto industriale ad alta performance o un capo dei maggiori brand di lusso».

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