«Eroe è chi lavora tanto e parla poco»

Il numero uno di Confartigianato Merletti si affida a Twitter per lanciare la “campagna d’autunno”: «I problemi sono quelli di sempre. Ai politici dico: bisogna tirare fuori le palle come fece la Germania»

«I veri eroi del nostro tempo? Chi lavora tanto e parla poco. I fenomeni ne dicono tante, parlando degli altri, ma questa è l’unica verità».
Così disse (ops, twittò) Giorgio Merletti, uno che di peli sulla lingua non ne ha mai avuti da imprenditore, sindaco di Arsago Sepio e presidente di Confartigianato imprese Varese.
E tantomeno ne ha oggi, che guida gli artigiani di tutta Italia e che al Presidente del Consiglio non le ha mandate a dire in nessuna delle occasioni pubbliche che l’hanno portato a salire sui palchi più importanti d’Italia.

Palchi virtuali, come quello social di Twitter (perché è quasi certo che sia da considerarsi rivolto a Renzi l’ultimo monito cinguettato), e palchi reali: «Meno annunci, meno personalismi, meno ansie di protagonismo ma più attenzione alla realtà, maggiore ascolto, più cambiamenti concreti. Di questo hanno bisogno le imprese, di questo ha bisogno il Paese» disse arringando la platea dell’assemblea generale dell’associazione, nel maggio scorso a Expo.
«#Matteostaipreoccupato, perché se non abbassi le tasse ti facciamo nero» urlò ai sessantamila imprenditori neri di rabbia radunati da Rete Imprese Italia a piazza del Popolo, Roma, nel febbraio 2014. «Noi diamo l’esempio lavorando – si schermisce Merletti, che pure non nega il riferimento all’inquilino di Palazzo Chigi – Di cosa abbiamo bisogno per lavorare di più? È una storia vecchia come il mondo, è una vita che lo ripetiamo».

Ma tant’è, ripetere come un mantra ciò che serve potrebbe fa materializzare speranze e auspici: «È necessario ridurre il debito pubblico, perché meno spese significa meno tasse. La spending review? Quella non la faccio io. Io dico che non è togliendo ai cittadini o alle imprese che si concretizzano i tagli. Eppure si sta tagliando proprio a queste categorie mentre si aiutano, diciamo così, i soliti amici…».
Servirebbe una scossa, qualcosa di simile a quella che seppero dare Helmut Kohl,

cancelliere della Germania occidentale prima e della Germania riunita poi. Oppure il successore, Gerhard Schröder, che guidò quella sarebbe diventata la locomotiva d’Europa.
«Perché, è la mia domanda, vogliamo uscire o no dalla logica di una crescita dello zero virgola?» scandisce Merletti, che scopre le carte in tavola: «Il problema sta qui. E non bastano un decreto legge o un Jobs Act, contro il quale non ho nulla. Serve il lavoro per creare occupazione. Guardi gli 80 euro dove sono finiti. E i soldi di Monti e Letta per la pubblica amministrazione, che fine hanno fatto? E le province? Non basta dire che bisogna eliminarle quando poi sono ancora lì».
Domanda: che c’entrano i due cancellieri con Renzi e le nostre tasse, quelle che ci sono e quelle che il premier vorrebbe tagliare (incassando peraltro una preventiva reprimenda dell’Europa)?

«Nella situazione in cui si trovava la Germania a quei tempi hanno fatto riforme, anche in popolari. Qualcuna l’ha fatta anche la Merkel, che però ha soprattutto raccolto l’esito di quegli sforzi. Il punto è questo, hanno tirato fuori le palle. La nostra politica però è messa male».
Gli artigiani, quelli che il presidente di Confartigianato Brescia ha a sua volta di recente definito «eroi quotidiani, altro che bamboccioni», nelle parole di Merletti la ricetta l’avrebbero: «Le riforme andrebbe fatte per ciascuno, non per qualcuno. Io, per esempio, non mi sono innamorato della dimensione di impresa, l’Olivetti era una grande azienda e aveva prodotti d’eccellenza. E io l’ho sempre riconosciuto».
«Puntiamo dunque sulla qualità dei prodotti, che è la nostra forza. Sono qui al Padiglione Italia e ho visto cose bellissime, lo sa? E puntiamo anche sulla ricerca, come in Silicon Valley, dove fanno ricerca che è anche ricerca di mercato. Crea lavoro e, con esso, introiti. Che vengono reinvestiti in altra ricerca».