La fusione porta preoccupazione. Chi rilascerà i mutui alle imprese?

Il sindacato First Cisl chiede chiarezza dopo l’accordo intercorso tra Bp-Bpm

Oltre alla preoccupazione per gli esuberi e la chiusura di alcune filiali, la fusione tra il gruppo Banco popolare e Banca popolare di Milano (Bpm) potrebbe mettere in pericolo la permanenza sul territorio dei poli decisionali dell’Istituto di credito per il rilascio di mutui, fidi e finanziamenti ai cittadini e alle imprese del Varesotto. Questi i temi sottolineati ieri dal sindacato di categoria First Cisl, che ha avviato una trattativa sindacale con il nuovo soggetto, il Banco BPM, nato con la firma tra i due gruppi lo scorso 15 ottobre e che sarà effettivamente operativo dal 2017.

Con la fusione, il nuovo Banco Bpm diventa il terzo istituto bancario italiano e il primo Istituto di credito italiano attivo in Lombardia, che è la regione più ricca, a livello di raccolta, non solo d’Italia, ma persino d’Europa. A livello nazionale Banco Bpm potrà contare su quasi 2500 sportelli di cui oltre un terzo aperti in questa regione. In particolare in provincia di Varese esistono oggi 45 filiali della Banca popolare di Milano e 34 del Banco popolare (gruppo nato nove anni fa e cresciuto fino a comprendere il Credito Bergamasco, e banche popolari di Verona, Lodi, Novara, Cremona e le Casse di risparmio di Lucca, Pisa e Livorno).

In totale sono 79 sportelli «ma ci sono 14 comuni in cui esiste più di una filiale», precisa Gianni Vernocchi, responsabile First del Banco popolare che si aspetta quindi, nella complessiva riorganizzazione del gruppo, qualche chiusura tra Varese, Busto, Gallarate, Saronno, Tradate, Cassano Magnago, Castellanza, Gorla, Malnate, Samarate, Sesto Calende, Solbiate Arno, Somma Lombardo e Vergiate. Tanto più che è già prevista la chiusura a livello nazionale di 335 filiali e sono già stati quantificati anche i primi tagli al personale.

In totale il nuovo Istituto di Credito conterà oltre 25mila dipendenti, ma a livello nazionale sarebbero già stati annunciati almeno 1800 esuberi. «Di questi, 544 prepensionamenti sono in corso all’interno del Banco popolare – precisa Vernocchi – mentre altri 585 esuberi, con ricorso a prepensionamenti e fondo di solidarietà, erano già previsti nel corso del 2017 e 2018 all’interno di Bpm per effetto di un accordo sindacale siglato a settembre». Mancano all’appello 671 esuberi annunciati dal nuovo gruppo e che dovranno essere definiti dalla trattativa in corso assieme alla definizione delle filiali da chiudere (di cui 120 già previste nei precedenti piani organizzativi dei due enti di credito).

«La categoria dei bancari non si è mai vista come un settore, ma piuttosto come un sistema in grado di rilanciare il paese – spiega Roberto Alba (Bpm) – Per questo dal ’97 il nostro fondo di solidarietà generazionale prevede che i pensionamenti siano compensati da un certo numero di nuove assunzioni. E ci auguriamo che anche la riorganizzazione per questa fusione segua gli stessi principi».

Altro punto fondamentale sarà riuscire a mantenere sul territorio i cosiddetti Poli di delibera, quelli che di fatto decidono su mutui e finanziamenti: «Per ora ne abbiamo uno a Varese, ereditato dalla banca popolare di Lodi, e un altro a Gallarate, mentre Como, ad esempio, dipende già da Monza», spiega Alberto Broggi, segretario provinciale First. «Chiediamo che vengano mantenuti in loco questi centri decisionali – aggiunge – altrimenti il nuovo Banco può perdere il contatto e il polso con il territorio, che rischia di impoverirsi». Particolare attenzione è richiesta alla società civile: «Il mondo bancario sta cambiando, non solo per effetto della tecnologia – spiega Matteo Sartorelli, referente First per Bp Busto – le persone devono scegliere di affidare i propri risparmi a chi si impegna a reinvestirli sul territorio».