Niente Tari per aree produttive e magazzini

Lo ha stabilito il ministero dell’Economia. Univa ai Comuni: l’obiettivo è allinearsi. Galli (Confartigianato): «Tanti enti pronti alla collaborazione»

– La voce delle imprese è stata ascoltata: la Tari, la discussa tassa sui rifiuti, sarà meno pesante grazie alla recente risoluzione del Ministero dell’Economia che esclude l’applicazione per le aree produttive, per i magazzini e per le aree scoperte asservite all’attività produttive, come ad esempio i depositi all’aperto.
Tanto è stato fatto per rendere questa tassa più giusta e più equa e il provvedimento è stato più volte sollecitato dalle associazioni di categoria: «Una pressione fatta per contrastare quella che era una tendenza generalizzata nei Comuni anche del Varesotto di far pesare la Tari sulle attività economiche non produttrici di rifiuti urbani – spiega l’Unione Industriali varesina – come per esempio un’industria meccanica, tessile, chimica o plastica».

Un semplice calcolo spiega di cosa stiamo parlando, anzi, di quanto stiamo parlando: «Per un magazzino di diecimila metri quadrati la non applicazione di una Tari a due euro al metro quadro (come da media in provincia di Varese), vuol dire tenere nelle proprie casse il valore non indifferente di 20mila euro» sottolinea Univa.
Un risparmio che, di questi tempi, è cosa preziosa e non può rischiare di essere messo in pericolo da libertà interpretative di alcun genere: per questo ora l’Unione

Industriali, per firma del direttore Vittorio Gandini, ha scritto a tutti i sindaci dei Comuni con l’obiettivo di verificare l’allineamento dei regolamenti emanati in materia di tassa rifiuti con le indicazioni ministeriali della nuova risoluzione ministeriale sollecitata dal Sistema Confindustria, «con la richiesta, se necessario, di provvedere ad un tempestivo adeguamento».
Una missiva che rappresenta solo l’ultima tappa di una corrispondenza che va avanti a più riprese ormai da un anno, spiega Univa: «Nella lettera è stata manifestata la disponibilità dell’Area Fisco dell’Unione Industriali ad avviare consultazioni con i Comuni per consentire una migliore ed efficace applicazione della disposizione di legge sulla determinazione delle superfici tassabili e per evitare all’origine l’insorgere di inutili e defatiganti contenziosi tra le imprese e le amministrazioni comunali che non si adeguino alle indicazioni ministeriali».

Un richiamo all’equità di applicazione della tassa non nuovo ai Comuni: «Circa due anni fa ci eravamo prefissati un obiettivo e lì stiamo per arrivare – sottolinea Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese – evitare che le imprese paghino la tassa rifiuti sulle aree produttive e su tutti quei magazzini collegati direttamente alla produzione».
«E come risposta alla nostra lettera inviata più di 20 giorni fa a tutte le amministrazioni locali, molti i Comuni che hanno chiesto di dare il via ad una collaborazione che non poteva più essere rimandata nell’interesse delle imprese».
Confartigianato Varese ha mantenuto sin dall’inizio una posizione decisa: «Stiamo insistendo nei confronti dei Comuni per costruire qualcosa insieme e non per togliere risorse al territorio – ricorda Galli – in particolare, il nostro obiettivo è quello di vedere ridefiniti i Regolamenti Comunali delle Tasse Rifiuti perché tutti accolgano i principi di una tassazione “equa e sostenibile” sui quali ci stiamo da tempo battendo. Stiamo raccogliendo i primi risultati, ma non ci fermeremo qui: le nostre intenzioni sono chiare e non ci manca la determinazione».

Nel frattempo, l’associazione affianca le imprese che hanno diritto alla detassazione: «Sono più di 300 le imprese che già hanno beneficiato, a titolo gratuito, della consulenza dei nostri professionisti presenti sul territorio negli Sportelli Tari per ottenere la detassazione delle aree produttive».
«Non è di ieri, lo abbiamo detto, questo nostro impegno – sottolinea Galli – è recente, invece, il nostro ricorso al Tar nei confronti dei Comuni di Varese, Gallarate e Busto Arsizio: una mossa dettata dall’esasperazione e dal fatto che i Comuni hanno disatteso, quasi sempre, le nostre richieste di incontro, confronto e cooperazione per il bene non solo delle imprese ma di tutto il territorio. I conti, quelli delle imprese, non tornavano. E a dire il vero anche i nostri, perché sembrava che i Comuni manifestassero più interesse per ripianare i loro buchi in bilancio che nei confronti delle aziende».