Venti anti-frontalieri oltre il valico del Gaggiolo

Canton Ticino - Il 25 settembre svizzeri alle urne per il nuovo referendum, 60mila lavoratori in allarme

“Prima i nostri”: un nuovo referendum preoccupa i nostri frontalieri. Il Canton Ticino chiamato al voto il 25 settembre, per frenare gli effetti della libera circolazione sul mercato del lavoro e combattere il fenomeno del dumping salariale. Il governatore lombardo Roberto Maroni chiede di «non scherzare su 60mila famiglie che danno un contributo utile all’economia svizzera», ma il vento sembra ancora una volta favorevole alle forze politiche anti-frontalieri.

Il 9 febbraio del 2014, al referendum federale sull’immigrazione, in Canton Ticino più del 68% appoggiò l’iniziativa per il contingentamento degli ingressi. Il 25 settembre, c’è il rischio concreto che l’iniziativa dell’Unione Democratica di Centro ticinese, nata per incardinare nella Costituzione Cantonale i principi del referendum di due anni fa, possa confermare quel vento anti-frontalieri che da tempo spira oltre il Gaggiolo. Addirittura, un cronista britannico del Daily Mail, Paul Thompson, ha pubblicato ieri un suo reportage dal Ticino in cui pronostica i “sì”

al 90%. Il governatore di Regione Lombardia Roberto Maroni, all’indomani dell’istituzione dell’euroregione Eusalp, la “Macroregione Alpina” di cui fanno parte sia la Lombardia che il Cantone, commenta così la prospettiva del voto del 25 settembre: «Rispettiamo il referendum, espressione del popolo sovrano, ma invitiamo a maneggiare con cura questa situazione – le parole di Maroni – i frontalieri sono 60mila persone, 60mila famiglie, e su questo non si può scherzare. Si spostano in Svizzera per lavorare e danno un contributo utile all’economia svizzera: con i governatori del Ticino e dei Grigioni siamo in contatto e credo che sia nel loro interesse non fare “danni”». Anche il negoziatore capo di parte italiana dell’accordo fiscale italo-svizzero Vieri Ceriani ha espresso tutte le sue perplessità ieri sul quotidiano ticinese “La Regione”: «Non se ne sentiva la necessità» il suo sintetico ma significativo commento sull’iniziativa costituzionale dell’Udc. Un’eventuale vittoria del “sì” rappresenterebbe un altro «macigno», dopo quello sulla vicenda del casellario giudiziario, sulla strada dell’approvazione definitiva dell’accordo. Contro “Prima i nostri”, definita «operazione di marketing politico», si schiera il sindacato Unia Ticino, che invita i cittadini ad «esprimere posizioni che vadano negli interessi dei salariati e che realmente contribuiscano a correggere le gravi distorsioni che investono il mercato del lavoro ticinese, in particolare votando sì all’iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino” e no a “Prima i nostri”». Il 25 settembre infatti, si andrà alle urne anche per un’iniziativa anti-dumping del Movimento per il Socialismo. «Di fronte ad una situazione insostenibile, in cui lo sfruttamento della manodopera sta diventando la regola – così Unia – l’unica risposta sono strumenti a protezione di livelli salariali dignitosi». Nei giorni scorsi, tra i frontalieri, era stata avanzata anche l’idea di bloccare il Cantone con uno sciopero: ma l’idea, bocciata all’unisono dalle organizzazioni sindacali confederali e dall’associazione Frontalieri Ticino, non ha avuto presa. Potrebbe invece esserci una reazione nel caso in cui il “sì” dovesse prevalere il 25 settembre.