È passato Renzi? No: Renzi è il passato

Il commento del sindaco di Gallarate Andrea Cassani

L’arrivo in provincia di Varese dell’ex Primo Ministro e attuale segretario nazionale del Partito Democratico non è stato fortunatamente un evento di quelli che ha mobilitato folle e non mi stupisce questo perché è ormai evidente la perdita di consensi di quel partito che a furia di battaglie ideologiche e politiche lontane dal comun sentire (vedasi le operazioni fallimentari di accoglienza di sedicenti richiedenti asilo, le incomprensibili battaglie per lo ius soli, l’introduzione delle unioni civili, la Legge Fornero etc.) ha di fatto deluso, e perciò perso, il proprio elettorato. Se a queste aggiungiamo la presunzione di onnipotenza del loro penultimo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, abbinata ad una serie di promesse disattese dallo stesso, il pasticcio è presto fatto.

Ma le promesse che più pesano sulla reputazione del segretario del PD non sono quelle utopiche del “contare di più in Europa”, “uscire presto dalla crisi”, “far ripartire il Paese”. A Renzi gli elettori, soprattutto del PD, non perdonano in particolare le promesse disattese nei confronti dei propri colleghi di partito: quel #enricostaisereno destinato all’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta (al quale il segretario dem spergiurava di non voler rubare il posto) nell’immaginario collettivo dei tradimenti è

paragonato ormai al bacio di Giuda e come forma verbale sostituisce il celeberrimo “tu quoque?” che Giulio Cesare esclamò in punto di morte al figlioccio Bruto dopo che questi l’aveva accoltellato. Ma più di ogni cosa non si perdona all’ex Capo di Governo la promessa di lasciare la politica nel caso di sconfitta (puntualmente arrivata) al referendum costituzionale dello scorso anno. In diverse tribune politiche e in molti incontri pubblici Renzi lo disse, ma addirittura lo promise al Congresso dei Giovani Democratici: «Io ho già la mia clessidra girata. Se mi va male, se perdo la sfida della credibilità o il referendum del 2016, vado via subito e non mi vedete più». Proprio ai giovani, a chi si avvicina alla politica per ideali e senza doppi fini, furono fatte queste promesse poi disattese in pochi mesi. Diciamocelo: non esattamente un grande esempio per i politici del futuro.

Oggi invece, come se nulla fosse, è ancora in giro a discettare di tutto con il suo modo di fare da toscanaccio imborghesito, che lo rende un grande oratore, facendo nuove promesse e infischiandosene degli ammonimenti di Carlo Collodi, un fiorentino ben più famoso di lui, che avvertiva come “vi son bugie che hanno le gambe corte…”. E quindi inevitabilmente quella di ieri è stata una triste giornata varesotta per Renzi; quel Varesotto invaso da sedicenti richiedenti asilo per colpa del suo Governo. Lo stesso Varesotto depotenziato dalla delocalizzazione della governance di strategiche e storiche imprese del nostro territorio. Due esempi su tutti: lo spostamento a Roma dei centri decisionali di AgustaWestland e Aermacchi con la chicca del folle cambio di denominazione, tant’è che ora si chiamano Leonardo elicotteri e velivoli. Agusta era conosciuta in tutto il mondo per i propri elicotteri e ora noi vendiamo gli elicotteri Leonardo. Come se la Ferrari domani si proponesse sul mercato internazionale con il nome di Michelangelo…

Qualche giorno fa il segretario provinciale del PD mi ha invitato a presenziare alla visita di Renzi a IdeaLab (progetto da poco nato e davvero interessante che è frutto anche di una collaborazione gallaratese) tuttavia ho reputato che non avesse senso partecipare. Andai l’anno scorso ad incontrarlo, quando ancora era Capo del Governo, nel quartier generale di Yamamay e lì gli consegnai una lettera con tante domande. A quelle domande Renzi non mi ha risposto e tutto sommato, vedendone l’affidabilità, me ne sarei fatto ben poco delle sue risposte. Ciò perché il leader dem in un anno non ha perso solo il “suo” referendum e un bel po’ di consensi, ma ha perso del tutto la credibilità e questa non gliela restituisce nessuno. Tantomeno una visita organizzata qua e là per la penisola circondato da guardie del corpo.

Auspico quindi che il treno che è ripartito da Busto non faccia più ritorno dalle nostre parti né tantomeno che arrivi fino a Roma, bensì che si fermi per sempre a Pontassieve. Addio al Matteo (quello sbagliato), a non rivederci. #matteostaisereno.