Mistero a Vizzola Ticino per la “spia” della Siria

VIZZOLA TICINO Uno scatolotto di vetro e specchi che si staglia in mezzo alla campagna, a poche centinaia di metri dal Terminal 1 di Malpensa.

È in questa azienda di Vizzola Ticino che, secondo quanto riportato dal sito Bloomberg, si preparerebbero i sistemi informatici per permettere al regime siriano di intercettare qualsiasi mail inviata nel paese.

Un’azienda italiana aiuta Damasco a reprimere le rivolte? La notizia ha fatto il giro del mondo. Dalla sede di Area Spa si trincerano dietro un secco: «Non rilasciamo alcuna dichiarazione». L’amministratore delegato Andrea Formenti, interrogato da Bloomberg, ha però spiegato che la sua azienda rispetta tutte le leggi e le norme per l’esportazione.

Inoltre, non facendo espresso riferimento alla vicenda siriana, Formenti ha detto che «la vendita di un sistema di intercettazione legale è un processo lungo e la situazione sul terreno si evolve rapidamente», e d’altronde «fino a non molto tempo fa Gheddafi era un grande amico del nostro primo ministro». Il contratto sarebbe stato sottoscritto nel 2009 per una cifra attorno ai 13 milioni di euro.

Ma che azienda è la Area Spa? Anche se non ci sono insegne o cartelli che indichino la strada, chiedendo in paese tutti sembrano conoscere l’azienda. Cosa, faccia di concreto, è tutta un’altra storia. «Mi sembra si occupi di localizzatori satellitari» dice la signora che gestisce il bar del paese.

«Cosa fanno? Si occupano di computer – dicono alcuni avventori – li vediamo spesso venir qui a mangiare, ma di questa vicenda che riguarda la Siria, sinceramente, non ne sapevamo nulla». Di che cosa si occupi, in concreto, la Area Spa ce l’avevano spiegato, lo scorso marzo, le associazioni sindacali presenti nell’azienda. «Sistemi informatizzati a supporto delle attività d’intercettazione legale delle comunicazioni». In soldoni: intercettazioni telefoniche e ambientali per le procure della Repubblica. Una delle aziende leader, in Italia, in quel settore.

A inizio febbraio l’azienda aveva deciso di mettere in mobilità 45 persone. Più di un terzo dei 117 dipendenti. Il motivo: i tempi lunghi con cui la pubblica amministrazione pagava i servizi forniti. Anche 500 giorni di attesa. Ora questa nuova commessa, firmata nel 2009, di cui Antonio Ferrari, segretario provinciale di Al-Cobas, dice di non sapere nulla. «È una cosa di cui eravamo assolutamente all’oscuro, altrimenti in sede di contrattazione ne avremmo chiesto conto all’azienda». Ferrari parla dell’attività al servizio delle Procure della Repubblica, «ma non è vero, come ha scritto qualcuno, che sapevo che l’azienda lavorasse anche per governi e strutture militari».

Ieri l’azienda era praticamente deserta. Girando attorno allo scatolotto, però, colpiva il contrasto tra la trasparenza delle pareti, che permettono di vedere all’interno degli uffici, e la segretezza di quello che, invece, viene progettato e gestito all’interno dell’azienda.
Tiziano Scolari

s.bartolini

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