«Lucio Dalla e la sua Virtus Bologna Prima giocava con noi, poi cantava»

VARESE Parlare di Varese-Bologna il giorno della morte di Lucio Dalla è per forza triste. Grandissimo tifoso delle VuNere, presenza fissa alle gare della Virtus, uomo di pallacanestro: il presidente Sabatini ha chiesto alla Lega di osservare un minuto di silenzio domenica a Masnago. Combattiamo la tristezza – o almeno ci proviamo – parlandone con un personaggio che smuove sorrisi e regala ricordi: Dado Lombardi, grande ex giocatore della Virtus e sulla panchina di Varese nella stagione 2000/2001. «Sì – ammette – è un giorno triste per tutti. Lo sapete che io ho giocato con Lucio Dalla?».

E questa ce la racconta.
Eravamo ai tempi della Moto Morini, che per i puristi della Virtus era una sottosquadra di Bologna: c’era anche lui, faceva ovviamente il playmaker ed era scarsissimo. Dopo le partite andavamo a cena in un ristorante che si chiamava Da Cesari: lui non aveva mai un soldo in tasca, e allora per mangiare doveva cantare. Faceva un po’ dei suoi gorgheggi, e allora Cesari gli portava un piatto di tagliatelle.

Mancherà anche al basket, non solo alla musica.
La sua poltrona al PalaMalaguti, resterà sempre vuota. Un grande.

Varese-Bologna per Dado Lombardi.
Semplicemente, il basket: perché la storia della pallacanestro è stata scritta dalla triade Milano-Varese-Bologna. Ogni tanto si inseriva qualche piccola come Cantù e Pesaro, ma i grandi erano gli altri. Eravamo noi.

Aneddoti da giocatore bianconero.
I grandi insulti che prendevo a Varese, ma mi capitava pure a Milano e Cantù: per forza, facevo sempre canestro. I grandi giocatori, sono sempre i più odiati: dovevate sentire come trattavano Meneghin quando veniva a Bologna.

Ancora.
Una partita giocata a Varese. L’avevamo preparata alla perfezione ma non riuscimmo a fare nulla di quello che avevamo pensato. Ci trovammo contro due volpi del deserto come Ossola e Rusconi che ruppero tutti i nostri meccanismi. Ricordo il viaggio di ritorno in pullman, dopo quella sconfitta: tutti incazzati neri.

Cosa fecero Rusconi e Ossola?
Aldo era capace di capire quello che stavi per fare, con due secondi di anticipo: un giocatore dall’intelligenza sconfinata.

Varese-Bologna, oggi.
Questa pallacanestro non mi piace, faccio fatica a vederla perché tutti giocano allo stesso modo: mille palleggi, duemila blocchi, e quella roba che oggi chiamano pick and roll, ma è il classico gioco piccolo-lungo che facevamo noi. Una volta il basket era la voglia di battere l’avversario uno contro uno, oggi non più: l’ultimo a provarci è stato Pozzecco.

Dado Lombardi allenatore di Varese.
Bella stagione, bei ricordi. Arrivai in corsa e cercai di dare serenità all’ambiente e alla squadra, dividendo i giocatori importanti da quelli che dovevano fare un lavoro differente: ci salvammo bene e facemmo i playoff.

Ricordi?
Una partita incredibile vinta ai supplementari proprio con la Virtus. Le mie notti insonni per capire come far convivere Pozzecco e Carlisle: pensai di chiedere alla Federazione una deroga per giocare con due palloni.

Poi, non fu riconfermato: rimpianti?
No. Io ero stato scelto da Tony Bulgheroni, e in quell’anno ci fu il cambio di proprietà: i nuovi, con Dodo Rusconi, giustamente portarono i loro uomini. Sono uscito dalla porta principale, benvoluto da tutti.

Allenare Pozzecco: la cosa più bella e più difficile. Vero?
No: allenare Pozzecco è difficile se si pretende di cambiarlo. Lui deve giocare da Pozzecco e fare il Pozzecco, altrimenti si ribella: io non gli ho mai chiesto di fare qualcosa fuori dalle sue corde, e lui per questo mi ha sempre rispettato.

Francesco Caielli

a.confalonieri

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