Quell’amore segreto tra principessa e artista

Le lettere colme di passione tra il futurista Umberto Boccioni e la nobildonna Vittoria Colonna

Se la prima regola degli amanti è non lasciare traccia, le lettere dell’amore segreto tra il futurista Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Sorte, Verona, 1916) e la principessa Vittoria Colonna (1880 – 1954), consumato sull’isola di San Giovanni, erano ben nascoste in casa di lei, dato che furono trovate, dalla nipote della nobildonna, Marella Caracciolo Chia, solo cinquant’anni dopo, in fondo ad un baule. E svelate nel libro “Una parentesi luminosa. L’amore segreto tra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna”.

A riportare nuovamente alla luce l’ultimo amore travolgente di Boccioni sull’isolino del lago Maggiore, lo scrittore Umberto Borsani nel suggestivo volume “Avventure di piccole terre. Cinquantuno isole italiane da leggere e immaginare”, un’antologia di storie che affiorano nelle isole più selvagge d’Italia, pubblicato, lo scorso anno, da Neri Pozza Editore. Sulla piccola isola dell’arcipelago delle Isole Borromee, proprio di fronte a Pallanza, trascorreva l’estate del 1916 Vittoria Colonna di Teano, che aveva sposato, nel 1901, Leone Caetani, principe di Teano da cui aveva avuto un figlio, Onorato. Il destino ce l’aveva scritto nel nome Vittoria Colonna, proprio come la poetessa Vittoria Colonna (1492-1547), amica e forse amante, di Michelangelo Buonarroti.

«In quella fatidica estate tutto era incerto, – si legge nel bel volume di Borsani – tranne l’uomo che il destino aveva portato davanti ai suoi occhi. Vittoria Colonna era una donna intelligente, sensibile alle espressioni della cultura e dell’arte. Nei lunghi soggiorni in Inghilterra aveva frequentato l’aristocrazia internazionale, era stata corteggiata dall’Aga Khan e persino da re Edoardo VII, oramai attempato dongiovanni». Il principe di Teano era lontano, impegnato altrove, sul fronte veneto, della Grande Guerra, sulle alture del Cadore e vicino agli occhi della principessa si trovava invece Boccioni, che, ospite dei marchesi Della Valle, lavorava al ritratto di un amico dei padroni di casa, il musicista Ferruccio Busoni. Poche settimane dal loro amore, il vitale futurista si lasciava andare a toni sentimentali quasi dannunziani, il 10 luglio del 1916 le scriveva, infatti, da Milano: «Voi mi avete illuminato, mi avete ridato uno scopo, avete messo ordine, infuocato la speranza, nobilitata la mia ambizione! Se Vi tornerò a dire queste cose all’Isolino, chi potrà pensar male? Vedo il piccolo porto con i vasi verdi e i fiori azzurri. Vedo i lumi di Stresa, il Mottarone e le isole sorelle addormentate. Vedo verde e azzurro! Sono i colori della mia pittura. Il verde della mia speranza, l’azzurro del mio sogno! Da quando sono tornato sono un altro uomo. Misteriosa influenza di un’amicizia armoniosa!». Lontano dall’amante, ritrova il fervore e, quasi sulla scorta del Manifesto tecnico della letteratura futurista dell’amico Marinetti, abbandona il lei e passa direttamente al tu, ma senza l’ombra di “disprezzo della donna”: tutto il contrario. “Oh! Le nostre notti! Il tuo pallore, il tuo smarrimento, il mio terrore la nostra infinita comunione di corpo e di spirito. Divina mia, lo sento che mi vuoi bene”. Umberto Boccioni, che è stato consegnato all’immortalità, tra le altre, anche dall’opera “La città che sale” in cui il turbine del progresso avvolge un cavallo, scriveva all’amata dal fronte: «Questa mattina sono andato a cavallo per la prima volta e ho riscosso le approvazioni del sottotenente per l’agilità nel salire senza montare sulla staffa. Si balza sul cavallo alzandosi sulle braccia con una mano sul collo e una sulla sella. Invece di andare al passo l’ho messo al trotto. Anche in questo pensavo a te e mi figuravo di imparare a fare qualche trottata con te. Quando? Amore!».

Rimasto senza risposta dall’amante, non vedendo arrivare posta da qualche giorno, il 16 agosto, Boccioni le scriveva: «Cosa è accaduto? Non comprendo! Vivo in un orgasmo che non mi dà pace. Non ho nemmeno la forza di stare a cavallo».

E proprio una caduta dal cavallo, che si era imbizzarrito alla vista di un autocarro, gli fu fatale, il giorno successivo, quel tragico 17 agosto 1916. Negli occhi, ancora le immagini della bellissima principessa Vittoria sull’Isola di San Giovanni, un amore intenso e breve, isola di bellezza, prima dell’aldilà.