Il Tfr in busta paga? Conviene ai redditi al di sotto di 15 mila euro

Dal primo marzo i lavoratori del settore privato potranno chiedere al datore di lavoro di avere il Tfr in busta paga ma l’operazione sarà conveniente solo per chi ha un reddito basso

Nel ddl di Stabilità, infatti, si prevede che l’anticipo in busta paga della liquidazione sia soggetto a tassazione ordinaria e non separata come accade ora per l’accantonamento del Tfr e quindi in cambio di maggiore liquidità si pagherà un prezzo in termini di maggiore tassazione (la Fondazione consulenti del Lavoro calcola tra i 50 e i 570 euro l’anno di tasse in più a seconda del reddito).
Saranno i lavoratori a scegliere liberamente se chiedere o no il Tfr in busta paga ma una volta presa la decisione sarà

«irrevocabile» fino al 30 giugno 2018.
Sono esclusi dalla norma i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo oltre naturalmente ai lavoratori pubblici e quelli che lavorano presso il proprio datore di lavoro da meno di 6 mesi. Il Tfr sarà tassato in busta con la stessa aliquota della retribuzione ma non concorrerà a formare il limite per il reddito oltre il quale non si ha il diritto al bonus degli 80 euro.
La scelta davanti alla quale si troverà il lavoratore sarà quindi tra avere maggiore liquidità nell’immediato (e quindi consumare di più ora) pur con un aggravio fiscale, continuare ad accantonare la liquidazione in azienda per avere un «tesoretto» a fine carriera o in caso di licenziamento, o versare ai fondi pensione con l’obiettivo di avere una pensione integrativa a fronte di una pensione pubblica che rischia di essere sempre più esigua.
La decisione dovrà comunque tenere conto anche delle altre norme della Legge di stabilità che in particolare per i fondi pensione integrativi aumentano in modo consistente la tassazione sui rendimenti (dall’11,5% al 20%). Se si smette di versare ai fondi per avere il Tfr in busta si perde anche il contributo del datore di lavoro previsto dai contratti (tra l’1% e l’1,8% della retribuzione). Un altro intervento è previsto per il rendimento del Tfr lasciato in azienda con l’aumento dell’imposizione dall’11% al 17%.
«L’anticipo del Tfr in busta paga sarà conveniente per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro – conferma la Fondazione studi dei consulenti del lavoro – mentre subiranno un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriva a 569 euro l’anno (1.895 euro in meno per il periodo marzo 2015-giugno 2018).
Il calcolo arriva dai consulenti del lavoro sulla base della norma del ddl di Stabilità che prevede che l’anticipo sia assoggettato a tassazione «ordinaria» e non separata come ora.
Ecco il calcolo su alcune fasce di reddito: per chi ha un a retribuzione annua intorno ai 25 mila euro il Tfr netto annuale con il regime di tassazione ordinaria (prevista con la Legge di stabilità) è di 1.261 euro all’anno contro i 1.311 della tassazione separata (come è ora); per chi ha una retribuzione intorno ai 50 mila euro si passa da un Tfr netto annuale di 2.448 euro a 2.141 euro; per i redditi più alti, per esempio 75 mila euro, i parametri variano da 3.501 attuali a 3.057 e sopra i 100 mila euro da 4.506 a 3.937 euro. Naturalmente il beneficio è avere subito disponibilità economica del proprio Tfr.