Gli scatti de #ilbellodivivereabusto

La vera magia dell’arte è quella di “illustrare” nel senso di saper essere e saper dare luce

Che cosa illustra una vita? Che cosa illustra una città? Chi e che cosa illustrano una comunità? Queste sono le domande che mi sono posto in questa settimana a seguito anche, ma non solo, del lancio dello hashtag antonelliano “Il bello di vivere a Busto”. L’ultimo curatore (da cura, amore con preoccupazione materna) del Santuario di Santa Maria, l’indimenticato e indimenticabile monsignor Angelo Conca, era solito ricordare che più grande del bello è anche il buono. Con ciò ricordando anche l’eternità della nostra cultura e civiltà, non retoricamente, greco-giudaico-romano-cristiana.

Quest’anno, il 2017, sono trascorsi 500 anni della posa della prima pietra di ciò che, non solo per me, è sintesi presente ed eterna, immanente e trascendente, del bello e del buono della Città di Busto Arsizio, il Santuario di Santa Maria e la Madonna dell’Aiuto. Il mistero di una maternità che anche nel dolore sa aprirsi al dono, al bello e al buono. Molte sono le riflessioni su cui avremo modo di tornare nel corso di quest’anno. Soprattutto per ricordare che illustrare una città non significa solo banalmente “dare lustro”, secondo un superficiale passaggio del mondo social, quanto saper essere luce e dare luce. In fondo, è la magia dell’arte. In fondo, e anche evidentemente, è la magia del bello catturato dagli occhi, come espressione visibile della risonanza del cuore. È per questo che oggi dedichiamo l’intero inserto speciale al “bello”.

All’importante e felice intuizione di una figlia, della città e di un artista, che proprio nel cinquecentesimo anniversario di Santa Maria lancia nel ricordo del padre artista un concorso nel suo nome. Di Carlo Farioli, un illustre concittadino che ha illustrato la città con attenzione al religioso e al tradizionale, al leggendario e al poetico, al presente che non basta nel ricordo di un passato che anche quando subisce l’insulto delle ruspe sopravvive nella memoria dell’arte.

E ci è parso bello quest’oggi associare le opere delle mani alle opere della fotografia, quelle dell’ormai consolidato premio, voluto fortissimamente voluto dalla Famiglia Bustocca e coordinato intelligentemente da Dario Crespi. Busto Arsizio da anni si colloca ai massimi vertici nazionali per qualità e quantità delle fotografie di Wiki Loves Monuments, e quest’anno ha anche rappresentato, oltre al Wiki Loves Busto Arsizio, il concorso Wiki Loves Lombardia. Con ciò, lasciatemelo dire, riconoscendo a Busto quel ruolo “capitale” e di centro propulsivo che seppe avere cinque secoli fa grazie al miracolo della Scuola dei Poveri, e che continua ad avere grazie al miracolo di persone talentuose, ma umili e laboriose, come Carlo Farioli. E come i tanti appassionati di fotografia che, giocando tra luci ed ombre, hanno saputo illustrare non solo con la retina, terminale del cuore, ma anche con la macchina fotografica. Poco conta che le foto siano a colori o in bianco e nero, sono ricche di quelle sfumature che consentono di dare lustro alla irripetibilità della vita e alla grandezza di una Città di cui tutti, a cominciare dagli amministratori transeunti, hanno il dovere di cercare di essere degni. Buona lettura. Ma mai come in questo caso, anche bella lettura.