«Credo nei giovani. Io al palazzetto? Non sono gradito»

Intervista a Dodo Rusconi, ex allenatore di Varese, adesso impegnato assieme ad Aldo Ossola in un nuovo progetto cestistico: «Ci rimettiamo in gioco per trasmettere lo spirito che ci ha guidato nei grandi successi»

Dodo Rusconi è mente e braccio del nuovo progetto cestistico che sta vedendo la luce a Varese. Una scommessa, nata dalla voglia di rimettersi in gioco e di mettere la propria esperienza a disposizione dei ragazzini. Per far sì che imparino, giochino, si divertano e crescano insieme con una palla da basket in mano. Niente di più bello, vero? Dodo Rusconi ed Aldo Ossola, due nomi, due garanzie di successo e di qualità. E noi ci fidiamo.

Io e l’Aldo non abbiamo inventato nulla, sia chiaro, però vorremmo riportare nelle nuove generazioni lo spirito che ha animato i nostri successi, in quelli che si possono chiamare i tempi andati. Ci piacerebbe educare i ragazzi a giocare a basket e a farlo di squadra, soprattutto perché ultimamente mi sembra di capire che nei giovani manchi un po’ questo concetto di gruppo. Non è facile stare tutti assieme con un obiettivo comune, nel basket di oggi capita sempre meno.

Io mi occuperò della questione tecnica, starò sul campo, allenerò. Per le questioni societarie, vi rimando a Fabio Colombo, ex giocatore della Pallacanestro Varese, che sarà il team manager. Io e l’Aldo Ossola ci rimettiamo in gioco per trasmettere lo spirito che ci ha guidato nei grandi successi. A breve ci affilieremo ed inizieremo le selezioni, c’è chi ci supporta a livello economico (Ponti), il presidente sarà il figlio del grande ingegnere Adalberto Tedeschi. E noi abbiamo la giusta esperienza per portare avanti un bel progetto per i ragazzi, che saranno dai dieci ai quindici anni. Ci mettiamo in discussione, di nuovo, per dare un colpo di vita ed insegnare ai ragazzi quei valori che ai tempi insegnarono a noi. Voglio anche sottolineare che per chiunque, l’iscrizione alla società sarà gratis.

Rispondo con una domanda, quanta gente si può permettere adesso una retta per iscrivere il proprio figlio o i propri figli a giocare a pallacanestro? Non so la risposta, però noi vogliamo tendere la mano a chiunque voglia giocare a basket, e lo facciamo così. Vogliamo che la nostra società faccia qualcosa che vada a vantaggio dei ragazzi stessi, non lo facciamo per noi.

No, assolutamente, il contrario. Lo spirito vuole essere quello che animò le vittorie del passato, però il passato è passato e di anni ne sono trascorsi parecchi. Mi interessa piuttosto aiutare i giovani a crescere e dare a loro quel poco che possiamo dare con umiltà e non con arroganza. I risultati non li vedremo subito, dovremo prendere per mano questi ragazzi, sopportare qualche anno di sacrifici, e successivamente soppesare i risultati.

Parto con una premessa: non iniziamo un progetto tanto per fare qualcosa, abbiamo la seria intenzione di fare le cose per bene. Usufruiremo di ottime strutture, pretenderemo che i ragazzi capiscano lo spirito con cui siamo cresciuti e con cui ciascuno di noi lavora. Ci sono dei ragazzi che hanno grande volontà, sta a noi far capire che il sacrificio è alla base di ogni successo. Ma anche il concetto di gruppo, mi creda, quando allenavo percepivo in maniera netta la solitudine dei giocatori, che in campo non sapevano cosa fare e giocavano solo per il loro tabellino o per strappare un contratto per la stagione successiva. E’ importante che nel basket moderno qualcuno torni a credere nel gruppo e nella crescita dei ragazzi, attraverso un obiettivo comune.

Non lo so, lo vedremo quando apriremo le iscrizioni e capiremo quanta gente verrà da noi. Attenzione, non abbiamo la pretesa che vengano tutti o che vengano in tanti. Ne verranno dieci? Faremo una squadra di dieci ragazzi e li alleneremo. Noi ci proviamo.

Potrei spiegarlo, ma a spiegare in fin dei conti sono bravi tutti. Vi invito piuttosto a venire a vedere, quando inizieremo gli allenamenti, a toccare con mano il modo in cui lavoriamo.

No, da quando sono uscito di scena nel 2003 ho seguito sempre meno, e mai al palazzetto. Non penso di essere una persona gradita. Però il basket moderno non mi entusiasma granché, mi capita di guardare qualcosa alla televisione ma dopo dieci minuti cambio. Manca agonismo in campo, mi sembra un gioco superficiale. Noi, dal nostro punto di vista, cercheremo di fare qualcosa. Da quando il basket è cambiato con l’ingresso dei procuratori, c’è sempre meno pazienza verso i giovani. A 17 anni io e Aldo Ossola eravamo pronti e giocavamo in Serie A, adesso a 17 anni non sei pronto nemmeno per fare la pipì contro il muro, perché nessuno ha la pazienza di aspettarti.