«Sicurezza, calma e le persone giuste. Il lavoro non ci spaventa. E la base c’è»

Fulvio Catellani (ieri allo stadio con papà Sauro) non vede l'ora di iniziare: «Siamo pronti»

Nella lista dei desideri dei tifosi biancorossi c’è una cosa sola: che il loro Varese ritrovi serenità e solidità, con una guida seria, concreta e sicura in grado di garantirne il futuro.

La speranza, come vi stiamo raccontando in questi giorni, conduce a Sauro e Fulvio Catellani, padre e figlio: noto e stimato procuratore il primo (
qui ne parla Giampaolo Calzi, suo assistito), sulle stesse orme il secondo che si occupa anche di gestione grandi eventi, marketing e comunicazione.
In particolare, la società di Catellani jr – la “Play in Sport”, sua e dei suoi soci Stefano Salvatori e Maurizio Cavezzali – organizza da quest’estate (e lo farà per i prossimi 5 anni), insieme all’Adise (l’associazione dei direttori sportivi), il calciomercato dei professionisti. Nuova la location, l’Hotel Melià di Milano, ottima la prima edizione, quella di quest’estate, che ha fatto segnare un +20% di professionisti presenti, in netta controtendenza rispetto alle edizioni appena precedenti.

La loro presenza allo stadio non è passata inosservata, anzi: diversi i tifosi che hanno voluto stringere loro la mano, conoscerli, scambiarci una battuta.

Fulvio Catellani

Fulvio Catellani

(Foto by Varese Press)

Entrambi semplici ed eleganti, in nero e in grigio, diversi solo per scelte legate… ai tempi: Sauro con giaccone nero e pantalone grigio appoggiato sulle scarpe; Fulvio in giacca di pelle, jeans “slim” alla caviglia, sciarpa grigia e, anche, un dettaglio biancorosso (guanti e ulteriore sciarpa in tasca) che spiccava tra i sobri colori indossati.

Arrivati con anticipo allo stadio, si sono intrattenuti al bar prima della partita – che hanno poi seguito in tribuna centrale – e anche nel post-gara.

Proprio lì abbiamo avvicinato Fulvio, classe ’78, per tastarne il polso in vista di un ingresso che sembra destinato a concretizzarsi, probabilmente già nella giornata di oggi.


Dal punto di vista fisico e mentale, un buon Varese. Certo balza agli occhi di tutti l’assenza di un finalizzatore, che concretizzi gli sforzi: le forze andranno concentrate lì. Il mister fa giocare bene la squadra, dà lo sprono giusto, i giocatori lo seguono. La base su cui lavorare c’è. Poi in questo campionato serve anche un po’ di “ignoranza” per vincere, dando spazio e libertà a giocatori che, anche se un po’ acerbi tatticamente, possono risolverla fisicamente e tecnicamente. È così nel calcio e soprattutto in una categoria così “infame”. Che è tutt’altro mondo rispetto al professionismo, anche per come viene affrontato l’aspetto societario: purtroppo lo sapete, in queste categorie si trovano troppe persone disoneste. Prima se ne esce e meglio è: per farlo bisogna stare tranquilli, lavorando con calma e persone oneste.


Varese è una piazza calda e questo mi piace: sono nato a Napoli quando papà giocava lì, ho quel calore e lo apprezzo. Le contestazioni ci stanno, i tifosi ne hanno il diritto. Ma dico anche una cosa: da quello che ho visto e sentito, Paolo Basile è rimasto, non è scappato, ci ha messo la faccia, i soldi, tutto. Poi tutti facciamo errori, abbiamo difetti, possiamo fare di più. L’importante è la buona fede.

Questa situazione l’ho voluta fortemente e ho voluto coinvolgere mio papà, che nel calcio gode di grande stima: forse ha guadagnato qualcosa in meno, ma ha sempre avuto la testa alta davanti a tutti e con tutti. Papà è qui con me, ha grande voglia lui e anche chi ha coinvolto nel progetto. Io sono di pancia, istintivo; lui è molto oculato: un bel connubio. Di certo, il lavoro non ci spaventa: ma bisogna condurlo nel giusto modo ed è

questo ciò che vuole e vogliamo. Ho saputo di certi personaggi che, pur di accaparrarsi questa piazza, non sembrava voler vedere nulla, nessun conto pregresso, dicendo “non c’è problema”. Ma come? Per programmare nel modo giusto bisogna sapere tutto. Ci sono situazioni importanti da sviluppare e lo farò con la mia società e i miei soci, con cui già seguiamo grandi clienti. Siamo pronti: da qui a giugno c’è tanto da fare e credo che domani (oggi per chi legge, ndr) sia il momento giusto per partire.

Vero. E giusto. Il problema è che l’idea del procuratore si è modificata per colpa di certi soggetti che negli ultimi anni si sono inseriti in questo mondo senza però centrare nulla. Io di certo non sono qui per trovare una decina di ragazzi, chiedere 10/15.000 euro alle loro famiglie, portarli qui, salutare tra tre mesi e tenermi i soldi. Non mi interessa. Ho portato un solo ragazzo, Fabien Ba: un toro, che secondo me ha qualità fisiche e tecniche superiori. Ma di lui parlavo già ad agosto con Merlin e il mio “lato procuratore” finisce qui. Non porterò altri, anche perché il mio lavoro si sviluppa in altre categorie.


Sono giocatori importanti, come la squadra costruita in estate: lo dimostra il mercato che hanno avuto tanti di loro. Chi l’ha costruita credo meriti un elogio. Purtroppo è mancata un po’ di fortuna, che nel calcio conta. Dicevamo, Repossi e Palazzolo: con loro e con chi li vorrebbe si possono fare tanti discorsi. Affrontiamo questi sei mesi, valorizzandoli e “sfruttandoli” per ciò che possono dare al Varese. Non facciamoci abbagliare subito dalle richieste. Che ci sono, certo, perché si sono messi in mostra. E lo hanno fatto grazie al Varese. Possono restare con noi, giocando come sanno: poi a maggio e giugno ci pensiamo.

Sviluppare. Programmare. Lavorare sul marketing, con metodo, programma. E persone giuste e oneste, che ho, come il mio socio Stefano Salvatori, di cui mi fido ciecamente. E poi c’è da sviluppare il settore giovanile. Magari anche con Francesco Coco, che avete visto con me: un ragazzo d’oro, che adora lavorare con i ragazzi e a cui può insegnare tanto.

Domani (oggi per chi legge). Come detto papà è molto prudente, io lo sprono: “dai, c’è da lavorare, facciamolo”. Ha voglia e entusiasmo ma vuole avere alle spalle la sicurezza assoluta di poterlo fare e ci stiamo arrivando. Sappiamo che questa piazza è importante e anche ferita: da qui a giugno c’è molto da capire e sistemare. Se a giugno i presupposti saranno gli stessi di quelli che conosciamo, allora il lavoro futuro è pronto per essere programmato.