Tutti vogliono le maglie della storia

Basket - Il negozio strapieno, ordini da tutta Italia, gli scherzi di Ossola, Zanatta e Galleani. Questa è Varese

Da dove partire per celebrare la storia e un bel pomeriggio di lacrime e sorrisi profumato di Varese? Dalle telefonate? «Ci hanno chiamato da tutta Italia – dicono i titolari di Triple Mario Di Sabato e Mauro Costantino – Da Forlì hanno addirittura fatto un ordine molto cospicuo. Abbiamo prodotto 50 canotte per il momento: finiranno presto». Oppure dalle presenze in un negozio di Masnago in cui non si riesce quasi a camminare per la densità di anime? «Stamattina abbiamo dovuto mandare via delle persone perché volevamo iniziare a vendere le magliette dal pomeriggio – continua Mario – Sono ritornate tutte».

E se iniziassimo dall’atmosfera? Da un Marino Zanatta, discolo come ai tempi della gloria o forse come al solito («Perché mi date quella della Mobilgirgi senza il nome? Io voglio quella della Ignis! Mario, non potevi spendere due euro in più?»), che attacca un cartello con scritto “50% di sconto” sulla schiena dell’ignaro Sandro Galleani. Dallo stesso Sandro, a cui brillano gli occhi: «Ignis o Mobilgirgi? Non c’è una ragione per scegliere. Dico Ignis perché

è stata la prima che mi ammaliato: sono arrivato in città che non sapevo cosa fosse la pallacanestro e quella squadra me l’ha scolpita nelle pupille. Io sono Sandro Galleani grazie a questi ragazzi…». Dai ragazzi, appunto. Non solo Zanatta: Paolo Vittori “sfotte” Ossola («Aldo sembrava sempre mezzo morto in difesa, eppure si faceva sentire!»), Massimo Lucarelli si cimenta in un impareggiabile imitazione di Nikolic, Dodo Rusconi ritira sornione la sua numero 4. Chi ha detto compagni di una vita, compagni per la vita?

E se partissimo dagli occhi sognanti della Openjobmetis di oggi? Quelli di capitan Daniele Cavaliero che ha l’onore di essere citato in un aneddoto di Galleani, di Giancarlo Ferrero (lo mettiamo in crisi: quale canotta compreresti? Ci pensa per qualche minuto, poi risponde: «Quella di Morse»), di coach Paolo Moretti («Le prenderei tutte, perché l’essenza di quella leggenda era il gruppo. Zanatta ha appena detto che si ricorda solo delle sconfitte… Il punto è proprio questo: in quelle squadre c’era gente che odiava la sconfitta, che la rifiutava, che faceva di tutto per vincere…»), di Max Ferraiuolo, del presidente Alberto Castelli… L’imbarazzo della scelta consiglia un’opzione tutt’altro che di ripiego: incominciamo – e finiamo – dalla sostanza. Da quel giallo e blu che era meraviglioso in bianco e nero e figuriamoci a colori, ora che si può toccare con mano, ora che si può vestire, ora che fa bella mostra di sé in un Triple diventato – ieri e per i giorni a venire – uno store anni ’70 (quante maglie avrebbe venduto la Valanga Varesina? Altro che merchandising…).

E sempre restando al bianco e nero, ma uscendo dal tubo catodico, sappiate che quello targato Mobilgirgi non è stato secondo a nessuno: ripetere e confermare la storia è quasi più difficile che farla. Doveva essere – in realtà proprio così era nata l’idea – la celebrazione del 71° compleanno di Aldo Ossola: è diventata una festa per una città intera, una città che rimarrà sempre malata di pallacanestro. Varese ha riabbracciato la sua Leggenda: merito di un tessuto, di un progetto geniale e di un gruppo di uomini – prima che di giocatori di pallacanestro – che rimane assolutamente irripetibile.