«Varese? Non potevo sognare di più. Bulleri e Caja, i due maestri perfetti»

Matteo Tambone, giorno dopo giorno, sta conquistando sempre più spazio. E ci prende gusto

Ci è voluto del tempo, però ora Matteo Tambone sta gradualmente carburando. Ha compreso i canoni del campionato, ha preso le misure, ed il suo rendimento sta lievitando dopo qualche tappa intermedia di crescita. Il playmaker classe 1994 cresciuto tra la Virtus Roma e Ravenna è alla prima vera esperienza in Serie A: l’adattamento alla categoria non è stato poi così semplice ma ora i primi frutti sono maturi.

Devo dire che personalmente sono molto contento, sono partito bene in precampionato perché nelle prime tre partite sono riuscito a fare buone cose. Poi ho vissuto un periodo più faticoso, che secondo me ci sta per essere il primo anno. Anche perché entrare in partita dalla panchina non è sempre facile. Però devo dire che giorno dopo giorno, grazie ai miei compagni ma anche ai consigli del coach e di Bullo sto migliorando: il gruppo è eccezionale e non potevo chiedere di meglio.

Mi aspettavo sicuramente un livello alto, al mio primo anno a Roma, quando arrivammo in finale scudetto, avevo osservato il livello e sapevo fosse difficile. Partire così bene all’inizio non me l’aspettavo, poi come detto ho vissuto alcune partite in cui non ho fatto grandi cose, mi manca un po’ di esperienza e non sempre si riesce a dare un contributo subentrando dalla panchina. Sono contento ora di aver ritrovato il ritmo, spero di continuare a migliorare.


Cameron è un ragazzo super, ha grandi potenzialità e con lui mi trovo bene. Sì, ha faticato un po’ all’inizio, come me, ma entrambi stiamo andando meglio. Si vede che è forte, in allenamento mi migliora, ci marchiamo sempre forte perché fa bene ad entrambi. Ultimamente gioco anche di più con lui in partita, a volte io da guardia a volte lui. Siamo giocatori diversi, lui è più fisico, ma credo che siamo complementari e possiamo stare in campo insieme.


Prima di ogni allenamento faccio del lavoro individuale con lui, nel palleggio, nel ball handling, mi aiuta a migliorare. Sia in allenamento che in partita mi segue, mi consiglia, mi dice come mercare meglio la palla, come avere letture migliori. Ascoltandolo ogni giorno posso crescere, avere la possibilità di lavorare con una leggenda come Massimo Bulleri mi fa solo che bene.

Con lui c’è un buon rapporto, chiede molto alla squadra e chiede molto anche a me per il ruolo che ricopro. Vuole personalità, vuole che si prendano le scelte giuste. Non è facile ma aiuta a migliorare me così come Cameron. Sa tirare fuori il meglio da tutti, ti sprona a tratti anche duramente ma poi se ti impegni giochi, ci tiene sulla corda e tutti cerchiamo di fare il meglio. Sono felice di allenarmi con un coach come Attilio.

Mi accorgo che ogni anno devo scontare un periodo in cui da fuori faccio fatica a segnare. Mi è capitato anche nelle stagioni scorse. Penso sia sempre una questione mentale, perché nel momento in cui mi sblocco poi tutto passa. Spero che anche in questo caso sia una fase momentanea e già aver segnato da fuori contro Capo d’Orlando sia un segnale. Anche perché in allenamento sto tirando bene.

Sicuramente mi lusinga e mi sprona a fare di più, arrivare in nazionale è un obiettivo e farò tutto il possibile per arrivarci. Però nel mio ruolo ci sono giocatori fortissimi come Filloy, Vitali ed io devo fare molta strada. Però è un obiettivo, non posso negarlo.