La forza della donna che sa amare

Un’interpretazione potente, quella di Arianna Scommegna, che porta in scena “La Molli”

La solitudine. Che attanaglia e riempie la vita di ansia, di insoddisfazione. Quel senso di vuoto che una persona cerca di colmare donandosi la superficialità più estrema: capi d’abbigliamento, accessori all’ultima moda. E uno stuolo di amanti per distrarsi dall’abisso della propria vita quotidiana.
Eppure, in questo gorgo di depressione, non è il senso della sconfitta a vincere. Alla fine emerge una speranza, fatta dalla voglia di vivere, da un amore incondizionato per la vita. E la scelta è quella di andare avanti, ricercando se stessa.

“La Molli”, opera di Gabriele Vacis e Arianna Scommegna, con la regia di Vacis e la grandissima interpretazione della stessa Scommegna, è un’ode alla rivincita della donna. La donna che soffre, riflette, si lascia andare ad un flusso di pensieri ininterrotti.
Che rischia di cadere, precipitare nello sconforto, ma alla fine trova la forza di risalire. Perché è la forza della donna che emerge da quest’opera, adattamento del celebre monologo di Molly Bloom dell’Ulisse di Joyce.

Lo spettacolo, andato in scena giovedì sera al Teatro Nuovo, ha aperto il nuovo anno della rassegna Gocce, il festival che promuove il teatro nella Città Giardino, grazie all’impegno di Adriano Gallina e Giulio Rossini.
Il monologo della Scommegna è un flusso di parole che tiene lo spettatore incollato alla sedia, parole che ti inchiodano per la semplicità e la brutalità (in senso positivo) con cui vengono pronunciate, attraverso un uso della voce, abbinata ad una tecnica del corpo,

che mostrano tutta la bravura dell’attrice.
Un dramma interiore, quello della protagonista, che ti costringe a riflettere. Soprattutto a capire cosa significhi lottare per la propria felicità.
Significa anche sbagliare, significa darsi ad avventure che possono lasciare molto poco, e rischiano di aumentare la tristezza dell’esistenza, ma in fondo sono necessarie, rappresentano dei passi obbligati verso la scoperta di sé e di quello che si vuole dalla vita.
La vita che può essere riuscire a compiere un giusto percorso, pur intraprendendolo attraverso degli errori. Dagli errori può nascere quello che è giusto? E soprattutto che cosa significa errore? Lo spettatore può interpretare le scelte di Molli come degli errori, può compiere il passo falso di giudicarla (senza prima giudicare se stesso), e correre il rischio di crederla debole, quando invece la debolezza sta nel giudizio affrettato e nell’incapacità di cogliere invece la sua forza. Quella forza che c’è in lei, nella sua personalità, che trasuda in ogni parola, eppure allo stesso tempo viene tenuto come sotto traccia, salvo poi esprimersi con tutta l’irruenza possibile in quel grandissimo “Sì” che urla alla fine.
Un sì alla vita, all’amore, alla continua ricerca della felicità. Un sì che sta tutto in quella frase: «Non c’è niente di più bello di un lunghissimo caldo bacio».
La forza di volontà che sconfigge la rassegnazione. Come leggiamo nella presentazione: «Le note dolenti si stemperano sempre nell’ironia e in una levità che tutto salva; il testo gioca sempre, costantemente, con il doppio registro denunciato fin dal sottotitolo, Divertimento alle spalle di Joyce. Frammenti di vita raccontati in modo ora scanzonato ora disperato, storie di carne e sangue, vita che scorre come lacrime, che si strozza in un grido o si scioglie in una risata».

Scommegna ha ottenuto il Premio Ubu 2014 come miglior attrice, è vincitrice del Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro (Per Cleopatràs), ed è tra le attrici più versatili e straordinarie della scena contemporanea. «La Molli sono semplicemente io – dichiara – che desidero esser lì a giocare con le parole di Joyce».