«La voglia e la curiosità di andare alla scoperta una rockstar diversa da tutti»

Un anno senza David Bowie. Il ricordo di un collezionista e appassionato di musica e del Sottile Duca Bianco

Un anno di distanza dalla morte del Sottile Duca Bianco. Oltre al rammarico di non avere più un suo disco, mi torna alla mente il concerto di Torino che Bowie fece nel 1987, in occasione del Glass Spider Tour. Era luglio, credo il 17 o 18. Quella non certo una delle sue produzioni migliori, ma lo spettacolo fu di grande impatto e andai ad acquistare dietro consiglio del mo fratellone il vinile di Station to Station.

Ricordo anche la morte di Ziggy Stardust e il debutto del nuovo personaggio che veniva presentato al mondo con queste parole “the return of the Thin White Duke throwing darts in lover’s eyes” (il ritorno del Sottile Duca Bianco che tira freccette negli occhi degli amanti), prima traccia che poi aprì le porte alle sperimentazioni berlinesi. Da qui maturò la mia voglia e curiosità di rintracciare tutti i vecchi vinili scoprendo così un personaggio completamente diverso da tutte le rockstar prima di lui. Eccezionalmente coreografico, truccatissimo. E dotato di un’eccezionale intelligenza. Intelligenza che si è lungamente dimostrata ora che il mondo è stato conquistato, ora che è diventato una mega star planetaria. Intelligenza che lo portò anche a farsi quotare in borsa, cosa che tra l’altro gli portò non pochi guadagni. Il personaggio Duca Bianco, il cantante Bowie, David l’uomo. Un uomo che decise di tenersi lontano dai riflettori per qualche anno dopo l’infarto avuto sul palco per non mostrare il volto di questo suo lato, segnato dalla fatica e dalla malattia, per poi ritornare con The Next Day, rifiutando di comparire dal vivo, ma pubblicando comunque uno dei suoi migliori dischi degli ultimi 10 anni. Al quale seguì il suo testamento spirituale che è l’album Blackstar. Da rileggere il testo di Lazarus. Ci mancherà molto e vorrei ricordare anche una delle tante parentesi della sua carriera, i tre album usciti negli anni Novanta a nome Tin Machine, perché non sono stati capiti quando uscirono ma sono davvero molto avanti per i tempi caratterizzati da un (mica tanto) leggero respiro dei Velvet Underground. Si potrebbe inoltre parlare per secoli dell’influenza di Lou Reed su David Bowie, ma questa è un’ altra storia. Concludo quindi il mio ricordo con alcune parole tratte dalla celebre Starman:

“C’è un uomo delle stelle che attende in cielo
Ci ha detto di non cacciarlo
Perché lui sa che ne vale la pena
Mi disse:
lascia che i bambini lo perdano
lascia che i bambini lo usino
lascia che tutti i bambini ballino”