Incubo russo per un cassanese. Minacce e botte per il matrimonio

Vuole sposare la sua fidanzata a San Pietroburgo: lei viene rapita e lui picchiato e arrestato

Lo hanno pestato a sangue, minacciandolo di morte perchè la famiglia di lei è contraria alle loro nozze. Un matrimonio che non s’ha da fare, né a febbraio, come programmato, né mai.

Atmosfera manzoniana per i “Renzo e Lucia” di Cassano Magnago, in provincia di Varese, e la compagna28 anni di nazionalità russa, separati con la forza dai “Bravi” di San Pietroburgo. Reghenzani sta vivendo un vero e proprio incubo, da quando i familiari della ragazza lo hanno aggredito, strappandogli dalle braccia la futura consorte. Prima le botte, poi il rapimento dell’amata, rinchiusa in una macchina, infine le manette da parte della polizia russa che lo avrebbe colpito più

volte, umiliandolo e deridendolo, dopo averlo gettato in uno stanzino. Scene da film, terribilmente vere, come ha raccontato la stessa vittima che attraverso il Consolato in Russia sta cercando di trovare una soluzione: «Dopo ore di attesa – ha raccontato Reghenzani – siamo stati aggrediti senza apparente ragione da soggetti che non conoscevo. Successivamente nel tentativo di difenderla dalle persone che l’avevano immobilizzata facendola salire di forza in auto, sequestrandola. Dopo pochi attimi ho cercato di aprire lo sportello per aiutare Ekaterina e sono stato colpito alle spalle da diversi uomini. Nella foga ho tentato di aggrapparmi alla portiera. Dopo alcuni attimi è intervenuta la polizia che si è scagliata contro di me ammanettandomi».

Sono stati momenti di grandissima tensione: «Sono stato portato in uno stanzino – ha incalzato – dove ho subito ulteriori violenze (calci e pugni) senza che potessi capire nulla, senza assistenza medica e senza alcun interprete. Venivo umiliato e deriso. Sentivo che canticchiavano canzoni in italiano allo scopo di deridere l’Italia e il sottoscritto in quanto cittadino italiano. Mi hanno sequestrato il cellulare, occhiali da vista e documenti. Solo dopo diverse ore, una volta tolte le manette e accompagnato in bagno per lavarmi dal sangue, sono riuscito a inviare da un altro cellulare che avevo nascosto in una tasca, un messaggio di soccorso a mia mamma, la quale ha preso contatti con le autorità diplomatiche che sono intervenute».

«Solo più tardi – ha sottolineato – ho scoperto che eravamo stati separati dai parenti della mia futura moglie. Ho chiesto di parlare con Kate e ho scoperto che la sua famiglia l’aveva intimorita e minacciata a tal punto che se non fosse andata con loro, avrebbero dato ordine ad alcuni sicari di uccidermi». «Il consolato mi ha consigliato di rimpatriare per la mia sicurezza e ora mi trovo in un hotel, ma io non posso abbandonare la mia futura moglie: aiutarla dall’Italia sarebbe impossibile».