«Io, umile Pietro davanti al Papa»

Il racconto e le emozioni di don Gabriele Gioia, che ha dialogato con Francesco in Duomo

«Santità, Le vogliamo bene e preghiamo per Lei»: a rivolgere al Papa queste parole cariche di affetto è stato il parroco di Cassano Magnago, , che ha avuto l’onore di dialogare pubblicamente con Francesco, durante l’incontro in Duomo con i sacerdoti e i consacrati.

Non è senza emozione che il responsabile della comunità pastorale San Maurizio ha accolto il compito di presentare una domanda al pontefice, a nome dei quasi duemila preti ambrosiani: anche se, riconosce con l’umiltà che lo contraddistingue, «non ho certo la presunzione di rappresentare tutto il clero».

L’interrogativo che ha posto al Santo Padre è comunque espressione di una fatica che i pastori della Chiesa vivono ogni giorno, dovendo fare i conti con «le sfide della secolarizzazione e l’irrilevanza della fede dentro l’evoluzione di una società sempre più plurale, multietnica, multireligiosa e multiculturale. Capita anche a noi, a volte, di sentirci come Pietro e gli apostoli, dopo aver faticato senza prendere pesci».

Il parroco si è così fatto portavoce di una difficoltà che, spiega, «viviamo sulla nostra pelle in un momento di passaggio da un cristianesimo di solida tradizione a un contesto di forte secolarizzazione»: da qui la domanda predisposta dal sacerdote insieme a e a , che condividono con lui la responsabilità di guidare le tre parrocchie cassanesi. La richiesta arrivata dalla diocesi di preparare un intervento per l’incontro con Francesco si è dunque rivelata, aggiunge don Gabriele, «una preziosa occasione di riflessione e di confronto fra di noi».

Quello messo in luce dal parroco è un problema che il pontefice comprende benissimo, come ha dimostrato la sua risposta: «Tu sai che l’evangelizzazione non sempre è sinonimo di “prendere i pesci”: è andare, prendere il largo, dare testimonianza. E poi il Signore, Lui, “prende i pesci”. Quando, come e dove, noi non lo sappiamo. E questo è molto importante».

Parole accolte con un applauso dalle migliaia di sacerdoti e religiosi riuniti nella cattedrale. Quanto alle sfide che caratterizzano la società attuale, Sua Santità ha invitato il clero a «non avere paura: le sfide si devono prendere come il bue, per le corna». Non vanno quindi temute, «perché ci fanno crescere. Sono segno di una fede viva, di una comunità viva che cerca il suo Signore e tiene gli occhi e il cuore aperti. Dobbiamo piuttosto temere una fede senza sfide, una fede che si ritiene completa, tutta completa». Le sfide, insomma, «ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica».

Parole che hanno molto colpito don Gabriele: «Il Papa ci chiede di affrontare con coraggio le sfide, perché fanno bene all’annuncio del Vangelo».