Alcol, droghe e amici. Poi quell’illuminazione «Dio ci indica la strada»

La svolta - Dalle “cavolate” al radicalismo. Lunedì l’interrogatorio

Comparirà davanti al gip di Milano lunedì , 23 anni, marocchino di Brunello, fratello del “martire” Oussama, arrestato l’altro ieri dagli agenti della Digos della questura di Varese. Kahchia è difeso dall’avvocato che ieri lo ha incontrato in carcere ma che per il momento non intende rilasciare dichiarazioni: «Non prima dell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip – precisa – e non prima di aver studiato gli atti a fondo».
Kahchia, a rigor di logica, visto lo sprezzo totale che dimostra nelle intercettazioni nei confronti dell’Occidente e l’assoluta dedizione (che rasenta il fanatismo) alla causa del paese «dove Dio è presente» potrebbe decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere.

Un disprezzo, quello nei confronti della vita occidentale, maturato in modo rapidissimo: la radicalizzazione del giovane disoccupato ha subìto un’accelerazione pazzesca dallo scorso ottobre, diventando infine il solo pensiero, la sola cosa di cui Kahchia parlava con i fratelli, con , il pugile-operaio arrestato con lui l’altro ieri, dopo aver appreso della morte da combattente per lo Stato Islamico del fratello.
Prima, secondo quanto mostra il profilo Facebook del giovane, c’erano tantissimo calcio, c’era l’emozione

del selfie con Balotelli scattato in corso Matteotti a Varese, c’erano gli amici, l’alcol e le ragazze. I due amici parlano di quel passato rinnegandolo completamente. Appare chiaro da una conversazione intercettata tra i due lo scorso 6 febbraio. Khachia dice: «Troppo tranquillo qui». E Moutaharrik risponde: «Si, questo posto è bello, tranquillo. Una volta avevo un gruppo di amici stranieri e ci incontravamo sempre in stazione, c’erano albanesi, marocchini e ci trovavano per bere e fare cavolate, facevo una brutta vita ma adesso mi sono svegliato».

Nell’ordinanza il Gip precisa che il pugile-operaio sta dicendo la verità. Lo dimostrano gli esiti dei numerosi controlli del territorio che lo hanno visto più volte finire a tu per tu con le forze di polizia perché sorpreso a bere e fumare stupefacenti. E Khachia replica: «Anche io quando ero ragazzo facevo esattamente queste cose». «Ogni sabato fumavamo canne e bevevamo» aggiunge l’amico.
Adesso invece la strada è sgombra per i due: niente più alcol, niente più fumo, nessun vizio. La radicalizzazione ha quasi il sapore dell’ascetismo per entrambi. E Kahchia chiosa: «Dio ha riunito i nostri cuori – dice – e adesso ringraziamo Dio che ci ha fatto apparire a tutto il mondo».