Investì e uccise in preda alla droga. Condanna record a 6 anni e 4 mesi

In aula - Travolse la badante della madre. La parte civile aveva chiesto l’omicidio volontario

«Fu un omicidio volontario. Il capo di imputazione deve essere riqualificato». E’ stata la voce dell’avvocato Corrado Viazzo a scuotere ieri l’aula gup del tribunale di Varese dove si discuteva il processo a carico di un sessantenne di Lavena Ponte Tresa a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per aver travolto e ucciso la badante della madre l’8 dicembre 2014. L’uomo era risultato positivo alle sostanze stupefacenti: in sintesi guidava sotto l’effetto pesante di droga. «C’è

tutto il dolo eventuale – ha detto Viazzo – Non fu colposo, fu omicidio volontario». Il gup non ha riqualificato il capo di imputazione come chiesto da Viazzo, legale di parte civile per conto della madre e del fratello della badante investita e uccisa, ma ha pronunciato una condanna esemplare e durissima: 6 anni e 4 mesi di carcere per il sessantenne, a fronte di una richiesta di pena a due anni e sei mesi formulata dalla pubblica accusa. Non ha riqualificato il capo di imputazione il giudice ma di fatto ha inflitto una condanna che va ben oltre le normali pene inflitte per chi è accusato di omicidio colposo. La vittima, , 51 anni, era uscita da poco dall’abitazione della madre del facoltoso imprenditore e si era recata al vicino supermercato per fare la spesa. Per ironia della sorte, mentre stava attraversando, è stata investita dalla Mercedes Slk guidata proprio dal sessantenne. Nell’impatto la donna riportò ferite gravi; trasportata d’urgenza in ospedale morì 48 ore dopo l’incidente in conseguenza dei traumi riportati. L’imprenditore aveva proposto un patteggiamento a due anni per entrambi i capi di imputazione. Ma l’avvocato Viazzo si era opposto. «Una condanna spropositata e inadeguata – ha commentato Massimo Vaglio, legale dell’imprenditore – Sin da ora posso dire che faremo ricorso in appello». Non solo. Il sessantenne ha risarcito per via assicurativa il marito e i figli della vittima. L’assicurazione non ha però risarcito la madre e il fratello della donna che si sono costituiti parte civile. Il fatto di non aver risarcito tutte le parti «ci ha impedito di accedere al patteggiamento – ha aggiunto Vaglio – siamo stati costretti ad affrontare il rito abbreviato arrivando così ad una condanna altissima. Il comportamento dell’ente assicurativo ha danneggiato il mio assistito, valuteremo se rivalerci in sede civile per il danno patito». Il giudice ieri ha assegnato intanto un risarcimento pari a 164 mila euro per la madre della donna e di 24 mila euro al fratello. «Siamo soddisfatti della condanna – ha commentato Viazzo – Noi crediamo sia stato un omicidio volontario non fosse altro perché guidare in simili condizioni, ed è un fatto noto, può portare a fatti come quello accaduto in questo frangente».