Migranti. «Ecco le tratte dei disperati»

Carlo Piatti racconta una realtà di cui si parla poco, conosciuta grazie a un incontro con un volontario. «Il deserto è disseminato di cadaveri più del mare: se un furgone si rompe, il carico umano viene abbandonato lì»

Un intero continente, quello africano, in fuga «non sempre dalla guerra» raccontato da chi in quei territori da anni lavora.

«Abbiamo avuto un incontro interno alla nostra sezione con questo simpatizzante, molto vicino ai padri Gesuiti – spiega Carlo Piatti, segretario del Carroccio di Varese – e vorremmo nei prossimi mesi organizzare un incontro con tutta la cittadinanza. Qui a Varese. Ciò che noi conosciamo dell’emergenza migranti è soltanto la punta dell’iceberg – continua Piatti – i cittadini devono poter avere una fotografia diretta della situazione da chi in quei territori vive e lavora».

Sono tre le grandi aree del continente africano dalle quali muovono migliaia di migranti: la West Africa, che raggruppa Senegal, Mali, Gambia, Costa d’Avorio e Guinea, il Corno D’Africa, che conta Somalia, Eritrea, Etiopia e Sud Sudan e la Nigeria. Secondo le stime il maggior numero di migranti arriva dalla Nigeria: nel 2016 circa 36mila migranti si sono mossi dall’intera area del Corno d’Africa mentre sono stati 38mila i migranti arrivati dalla sola Nigeria. Nigeria dove «insiste

una radicata criminalità organizzata locale e molto efficiente che ha legami molto stretti con chi opera da questa parte del Mediterraneo», dice Piatti relazionando sull’incontro. Esistono nel continente africano punti di ammassamento: da West Africa e Nigeria in migranti vengono concentrati dai trafficanti ad Agates. Da qui parte la traversata del deserto «su furgoni che trasportano sino a 30, 35 persone a viaggio – secondo quanto riportato dal testimone – la traversata miete più vittime che non il mediterraneo».

Un deserto disseminato di cadaveri perché il furgone che si rompe, che ha un problema o perde la pista, viene abbandonato. Con tutto il suo carico umano. In mezzo al deserto. Non c’è alcun recupero perché i migranti hanno già versato buona parte del pagamento per il “viaggio” ai trafficanti che gestiscono i trasporti. Si fa tappa quindi a Sebha e in una seconda oasi, per poi smistare i migranti tra Tripoli, Bengasi e Misurata.

«Queste persone – spiega Piatti – vengono qui ammassate in veri e propri lager dai trafficanti». Trattati come animali in attesa di potersi imbarcare. Si diceva dalla mafia nigeriana «che gestisce buona parte di questo traffico», spiega Piatti. «Mafia che gestisce droga, armi e prostituzione – continua il segretario del Carroccio – e a queste attività destina chi si affida all’organizzazione per il traghettamento».

Praticamente degli schiavi. In particolare le donne destinate alla prostituzione vengono tenute in scacco con la minaccia di “malefici”. «Sempre come spiegato dal nostro testimone nei villaggi esiste uno Ju Ju Man, una sorta di notaio che stipula contratti che legano per la vita». Una sorta di rito che porta chi parte a credere «che dovrà obbedire perché lo Ju Ju Man tiene la loro vita nelle sue mani».

Sei anni fa una vasta operazione portata a termine dalla polizia di Stato in provincia di Varese portò alla luce esattamente questa realtà. Le ragazze, in maggior parte nigeriane, venivano costrette a prostituirsi e trattate come carne da macello, senza che cercassero di fuggire o ribellarsi ai loro sfruttatori, tutti connazionali, con una doppia minaccia. Quella di venire uccise con una sorta di rito e quella, decisamente più concreta, dell’uccisione dei loro familiari rimasti in patria in modo atroce. Soggiogate con il terrore.

«Questa è la realtà dei cosiddetti viaggi della speranza – conclude Piatti – questo è ciò che sta dietro all’emergenza migranti di cui noi conosciamo pochissimo. Questi sono gli interessi che vengono portati anche in Italia. Con la mafia nigeriana che guadagna su entrambi i fronti. Questo è quello che vorremmo far sapere ai varesini”.