Stop ai rimborsi per i volontari? «Si cambi rotta o noi smettiamo»

Il Comune non darà più contributi a quasi 140 “vigili” in servizio sulle strade. Nicola Uva, uno di loro, lancia l’allarme

Ha destato forti polemiche nei giorni scorsi la vicenda dei volontari anziani “depennati” dall’amministrazione comunale a partire dal prossimo settembre: motivazione, l’impossibilità di continuare a coprire il costo del servizio che metteva in campo circa 140 pensionati varesini ai quali, in cambio dell’opera offerta, era da anni corrisposto un rimborso spese variabile fra i 200 e i 300 euro su gettone di presenza. Fra i molteplici campi nei quali i “nonni” variamente si prodigavano per venire incontro ai piccoli problemi della quotidianità, quello dell’attraversamento pedonale davanti alle scuole materne ed elementari era forse il più “visibile” nei quartieri: , 58 anni, è in assoluto il più giovane dei “vigili buoni”.

«Ho iniziato il primo di gennaio del 2011 presso la scuola materna Macchi Zonda e l’anno dopo, nel febbraio del 2012, ho sostituito anche alla Sacco di via Brunico il “vigile” Mario». La sua storia non è facile: stampatore plastico alla Ilma di Oltrona, si ritrova forzatamente in pensione per un trapianto di rene e la dialisi nel 2010. Belfortese e padre di un adolescente, quando – rimessosi in forze – si prospetta l’opportunità di porsi al servizio della sua comunità, si reinventa angelo custode delle scolaresche, seguendo innanzitutto – come i suoi colleghi del resto – un corso di formazione all’inizio del percorso.

Non è, il suo, a ben vedere un volontariato come gli altri: forse non sarebbe nemmeno da chiamare in questo modo, visto che l’impegno quotidiano è piuttosto ampio in termini di orario e non solo. «Inizio la mattina presto: arrivo alle otto meno un quarto alla Sacco e devo rimanere fino alle otto e mezza, poi vado al Macchi Zonda e ci resto fino alle nove e mezza; ho tre ore per le commissioni, e all’una meno un quarto devo essere di ritorno alla Sacco, dove presto servizio fino all’una e mezza, anche oltre perché l’uscita è all’una e ventiquattro ma ora che escono tutti… Al pomeriggio devo essere già al Macchi Zonda alle tre meno un quarto per finire i miei compiti alle quattro meno venti».

Le sue mansioni non si limitano ad aiutare gli scolari ad attraversare le strisce. «La strada privata che porta al Macchi Zonda è senza uscita: le macchine entrano, lasciano i bambini a scuola e poi se ne vanno. Devo far attenzione che non si formino ingorghi».

In via Brunico la questione della sicurezza è più critica: «In quel caso devo proprio impedire l’accesso, così come è stato richiesto dal comitato genitori, alle auto che tentano di imboccare la porzione di strada che conduce alla Sacco: a parte i disabili con permesso, le altre macchine non possono circolare, a meno che non siano quelle delle insegnanti, che però dovrebbero arrivare prima dell’orario di blocco. In più ci tengo a ricordare che devo gestire l’ingresso di ben due pullman, quello delle Autolinee che porta al mattino i bambini di Valle Olona e quello del pomeriggio che riporta a casa i bambini disabili». Insomma, un bel daffare quotidiano, che assomiglia più ad un lavoro part time che ad un volontariato stricto sensu.

«Non posso ovviamente dare multe, ma ho il dovere di segnalare le situazioni critiche: più volte sono accorsi i vigili su mia chiamata. E lavoro, come i miei colleghi, sulla strada sotto qualsiasi evento atmosferico».

Abita, Nicola, alla Cascina Giunta, all’altezza del cimitero: per arrivare sul posto di lavoro deve prendere l’automobile e con questa si sposta per essere sempre in orario. «Ma da settembre cambierà tutto, come ci hanno annunciato il 27 del mese scorso al comando della Polizia locale. Per chi rientrerà in forze al suo posto, automaticamente scatterà la rinuncia al rimborso. Io non ci sto e nemmeno i miei colleghi: in tutto siamo una trentina, di cui tre hanno già

deciso di non continuare il servizio, mentre io e gli altri ci presenteremo regolarmente al nostro posto attendendo una svolta entro la fine del mese e le petizioni dei comitati genitori. Noi lavoriamo per il sorriso dei bambini, ma quei soldi rappresentano un piccolo introito che ci ripaga delle spese di trasporto e ci consente di vivere un poco più dignitosamente. Se non dovesse cambiare nulla saluteremmo i nostri piccoli amici per l’ultima volta: consegneremmo le divise e le palette portando a casa un enorme dispiacere».