Presentavano false attestazioni di lavoro, dietro pagamento, per consentire a immigrati clandestini – in particolare cittadini cinesi ed egiziani – di regolarizzare la propria posizione in Italia. Con questa accusa la Procura della Repubblica di Varese ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque persone, tra imprenditori e mediatori, imputate a vario titolo di truffa, falso ideologico e violazione del decreto legge del 2020 sulle misure urgenti adottate durante l’emergenza Covid-19.
Lo sfruttamento delle norme anti-pandemia
L’inchiesta prende le mosse dal provvedimento varato nel pieno della pandemia, che consentiva l’emersione e la regolarizzazione di rapporti di lavoro irregolari con cittadini stranieri. L’obiettivo era duplice: tutelare la salute pubblica e monitorare la popolazione durante l’emergenza sanitaria, permettendo ai lavoratori di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, però, il meccanismo sarebbe stato piegato a fini illeciti. In cambio di 3.500 euro, venivano predisposte e presentate alla Prefettura domande di emersione corredate da dichiarazioni attestanti rapporti di lavoro inesistenti, con datori di lavoro fittizi. Sarebbero 198 le istanze irregolari presentate nell’estate del 2020 finite nel mirino degli inquirenti.
La denuncia e le indagini
L’indagine è partita dalla denuncia di due cittadini cinesi che si erano rivolti a una connazionale, imprenditrice residente a Varese, per regolarizzare la propria posizione. La donna avrebbe gestito le pratiche di falsa assunzione facendo riferimento a due aziende, una con sede a Milano e una a Roma, chiedendo agli immigrati il pagamento di somme presentate come tasse e imposte, in realtà non dovute.
Da qui l’ipotesi di concorso in truffa, che coinvolge sia la mediatrice cinese, che incassava il denaro, sia alcuni cittadini italiani accusati di predisporre la documentazione falsa attraverso società fittizie a loro riconducibili. Le domande sarebbero state inoltrate direttamente alla Prefettura, talvolta utilizzando anche account di terze persone ignare dei fatti.
Udienza rinviata
L’udienza preliminare davanti al gup Marcello Buffa si è chiusa con un rinvio, a causa di alcune notifiche non andate a buon fine nei confronti degli imputati o dei loro difensori. Il procedimento riprenderà a metà aprile 2026, quando il giudice dovrà decidere sull’eventuale rinvio a giudizio dei cinque indagati.













