Il lutto ci fa sentire impotenti. Ma non si può ignorare

Ogni volta che conduco una serata o un corso sul lutto qualcuno mi chiede se non posso occuparmi di argomenti più divertenti (e per i quali non servono gesti scaramantici, aggiungo io che conosco i miei polli).

Ogni volta che inizio un corso o un percorso sul lutto qualcuno dei presenti mi ringrazia perché si rende conto che non trova mai luoghi adatti e persone disposte a parlare di morte e malattia, mentre lui (o lei) sente il bisogno di condividere il suo personale sentire rispetto a questo aspetto della nostra vita che talvolta come struzzi ci illudiamo di evitare nascondendoci, evitando i luoghi in cui abitano anche dolore, vecchiaia e malattia. Ho scritto luoghi in cui abitano anche, perché chi li frequenta sa che non esiste solo questo. Recentemente ho scoperto la serie tv “Braccialetti Rossi”, che non nasconde la realtà della malattia, ma mostra anche tutto ciò che vive nonostante la malattia. Rapporti, amori, speranze, risate, giochi: negli ospedali esiste anche questo.

Esistono mamme che ordinano la pizza la sera e la mangiano mentre i figli sono attaccati alle flebo. Esiste la solidarietà, nascono amicizie, ci sono infermieri e medici che non trattano i loro pazienti come pazienti, ma come persone: ascoltandoli, supportandoli, spiegando loro con chiarezza quanto devono affrontare.

La malattia ci rende vulnerabili, fragili, arrabbiati, ci fa sentire diversi e terribilmente soli, e abbiamo bisogno della condivisione e della comprensione altrui per non sentirci troppo sopraffatti da quanto ci sta accadendo. Nel tentativo di evitare i “brutti discorsi” spesso priviamo chi sa di dover morire di parlarci di cosa gli sta accadendo, delle paure che ha. Forse pensiamo di non essere in grado di trovare parole, di non poter supportare chi ci parla di qualcosa che terrorizza noi per primi, o ci illudiamo che nel silenzio arrivi una magica guarigione. Spesso priviamo il “malato” di attività e gratificazioni “normali”.

Ma la nostra paura non può negare all’altro l’ascolto dei suoi bisogni (talmente umani da sembrarci quasi banali in certi momenti). L’argomento, dico ai miei polli, non è allegro. Spaventa.

Ci fa sentire impotenti. Ma è umano, e reale. Non si può ignorare, va conosciuto.

www.psicoterapeuta-pugina.it