“Ho pagato il mio no a Fumagalli” In aula il dirigente rimosso

VARESE Ha raccontato il suo dramma umano e professionale. Ha narrato le circostanze che lo hanno portato, a suo dire, ad essere «emarginato» all’interno del Comune: una punizione che avrebbe accettato solo per amore di Varese e del proprio lavoro; un castigo che lui ha però sempre giudicato immeritato, e che gli sarebbe piombato fra capo e collo per aver osato dire no a una richiesta illegittima formulata (seppure indirettamente) dall’allora sindaco Aldo Fumagalli, alla sbarra per rispondere delle accusa di peculato e concussione.

Ieri in tribunale ha testimoniato Silvio Pieretti, per anni responsabile della fascia adulti (persone di età compresa fra i 18 e i 65 anni) dei Servizi sociali di Varese. Fu lui, ha detto davanti ai giudici, a tentare di opporsi alla richiesta di concedere a una giovane amica del primo cittadino una camera del palazzo di via Vetta d’Italia di proprietà comunale.

Pieretti all’epoca lavorava in municipio, ma era “comandato” dalla Regione, che di fatto gli pagava lo stipendio. Ha spiegato di essere stato avvicinato in ufficio da Salvatore Napoli, factotum di Fumagalli. E questi gli avrebbe chiesto di trovare una casa a una certa Adriana, una giovane rumena. Pieretti avrebbe obiettato che prima era necessario capire se la ragazza ne avesse i requisiti e se, soprattutto, fosse in possesso di un regolare permesso di soggiorno (la Romania all’epoca dei fatti, era il 2002, era extracomunitaria). Di fronte alle resistenze, Napoli avrebbe esclamato «Questo è un ordine», invitando poi Pieretti a «stare attento» e guadagnandosi di rimando la definizione di «servo» da parte del funzionario.

Interrogato dal pm Agostino Abate, Pieretti ha ricordato di aver subito informato delle indebite pressioni il suo assessore di riferimento, William Malnati, che però non intervenì. Ed è una novità. Finora Pieretti aveva sempre sostenuto di essersi confidato con Malnati solo al termine della vicenda. Ieri il teste ha spiegato di essere stato reticente, in passato, per tentare di difendere l’assessore, che ritiene «un galantuomo».

Pieretti sarebbe stato infine costretto a cedere a quella che ha definito «una forzatura eclatante». La ragazza restò così nella camera di via Vetta d’Italia dal 17 ottobre all’17 novembre 2003 (nonostante il suo permesso di soggiorno stagionale scadesse a fine ottobre).

Alla fine Pieretti l’ebbe vinta (fu lo stesso Napoli a consegnargli le chiavi della camera occupata), ma a caro prezzo. «Mi hanno tartassato», ha detto l’ex funzionario. Secondo il quale Fumagalli avrebbe tramato per non confermargli (a fine giugno 2003) il “comando”; costringendolo, di fatto, a passare alle dipendenze dirette del Comune, con conseguenze negative anche sulla sua busta paga.

Pieretti andò poi in pensione il 1° gennaio 2006 perché esasperato dal clima che si era creato attorno a lui: «Alcuni dicevano che ero pazzo. Non si può fare il donchisciotte per tutta la vita», ha concluso.
Enrico Romanò

e.marletta

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