Gli anni “bui” poi la ricomparsa. «Mai viste donne, girava a piedi»

La comunità di Brebbia continua a interrogarsi su Stefano Binda. L’amico d’infanzia: «Amava le poesie». «Colpevole? Io dico no»

BREBBIA – Un uomo riservato, di cultura e molto educato, con cui era piacevole conversare di un po’ tutti gli argomenti, da quelli più leggeri a quelli più impegnati.
È l’immagine pressoché unanime che i brebbiesi forniscono del loro concittadino, arrestato venerdì mattina con la pesantissima accusa di essere l’assassino, 29 anni fa, di .
Ovviamente, a Brebbia, anche ieri non si parlava d’altro, se non di questa brutta storia. Difficilissimo, per non dire impossibile, trovare qualcuno che in paese creda alle accuse nei suoi confronti. Sia gli amici del bar, sia coloro che conoscono Binda sin dall’infanzia, lo descrivono come persona tranquilla e riservata, mai violenta o attaccabrighe, ma anzi al contrario che faceva da paciere quando sorgevano discussioni.

«Abbiamo fatto insieme dall’asilo alle scuole medie – racconta, amico d’infanzia – a scuola era molto bravo, era sempre il primo della classe; arrivava sempre prima degli altri a capire le cose e gli piacevano molto le poesie. Giocavamo sempre insieme».
Dopo le medie, si perdono di vista, scegliendo strade diverse per gli studi superiori con Binda che si iscrive al liceo. «Ci siamo persi di vista – prosegue l’amico – ci vedevamo ogni tanto per caso perché

si vedeva poco in giro».
Anche altri amici e conoscenti confermano che dopo i 18 anni, nella vita di Stefano Binda c’è una sorta di spazio nero, di cui si sa poco o nulla. In paese si parla di un trasferimento in una comunità per guarire dalla dipendenza da sostanze stupefacenti e di un lavoro a Pavia come insegnante. Un’altra caratteristica emersa in paese è che nessuno a Brebbia ha mai visto Binda frequentare una donna o una fidanzata; l’uomo accusato dell’omicidio Macchi torna a frequentare il paese circa sei anni fa, forse dopo aver superato una malattia. «Da quel momento- rammenta Piffero -è tornato a frequentare più assiduamente il paese».
Malattia che ha lasciato segni evidenti e che ha reso invalido Binda, impedendogli di lavorare e anche guidare un’auto; girava a piedi ed erano parecchi a dargli un passaggio in macchina. Un’altra caratteristica che emerge di Binda nel racconto di chi lo conosce meglio è la sua fede cattolica; ogni domenica ma soprattutto il sabato sera, si recava in chiesa per partecipare alla messa.
Chi lo ha conosciuto più recentemente, proprio dopo il suo ritorno. crede fermamente nella sua innocenza, come i volontari dell’associazione Magre Sponde. «L’abbiamo fondata insieme – racconta Francesco – sono sicuro e convinto che non c’entri niente con questa storia; insieme ne abbiamo passato tante ma questa sicuramente è la più tosta di tutte. Si tratta certamente di un errore e sono fiducioso che tutto si risolverà e che qualcuno alla fine dovrà chiedergli scusa».

Francesco e Stefano Binda si sono conosciuti qualche anno fa in un locale di Brebbia che entrambi frequentavano; si può dire che sia nata così, dopo qualche tempo l’idea di fondare Magre Sponde. All’amico non è piaciuta nemmeno l’immagine che è venuta fuori sui mass media di Stefano Binda. «Lo si è dipinto come un nullafacente che andava al bar a bere e comprare le sigarette, mentre Stefano è un uomo di grande cultura, che non poteva lavorare né guidare perché invalido» sottolinea Francesco, che è andato a visitare mostre o ascoltare concerti con Binda, con il quale in questi anni è nato un bel rapporto d’amicizia. «Se potessi parlargli gli direi di non mollare – conclude Francesco – deve stare tranquillo e continuare ad avere fede e pregare come ha sempre fatto e starà facendo anche adesso; è sempre energico e combattivo e noi tutti lo aspettiamo presto perché abbiamo bisogno di lui».