Grotte di Valganna: là dove il ghiaccio disegna delle poesie

Viaggio nella magia dell’acqua divenuta scultura. «Nonna, ma perché le cascate sono tutte gelate? Lì sopra c’è qualcuno che piange per il freddo»

VALGANNA – «Nonna, perché la cascata è ghiacciata?». Nonna Fernanda si inginocchia vicino a Marco, un frugoletto troppo piccolo nella sua giacca a vento e con il volto seminascosto dalla capiente cuffia: quando bisogna spiegare qualcosa a un bambino, d’altronde, è meglio mettere i propri occhi alla stessa altezza di chi è ancora capace di cogliere quella dose di magia che gli adulti non riescono più a percepire. Nonna Fernanda, per ruolo ed esperienza, evidentemente lo sa, ed è in questa posizione che arriva la risposta: «Lì sopra c’è qualcuno che piange e le sue lacrime, con il freddo, diventano ghiaccio».

Che sia il famigerato “mostro” della Valganna ad essere triste e solo e a riversare così la propria sofferenza? Difficile dirlo e non ci sembra il caso di turbare la visione di Marco con storielle collaterali che potrebbero pure spaventarlo. Negli zero gradi che percepisci su ogni centimetro di pelle scoperta del tuo corpo è allora meglio limitarsi a fare quello che sta facendo lui: guardare. Guidati dall’estasi di uno spettacolo della natura che anche quest’anno

ha finalmente riproposto la sua proverbiale compiutezza.
Da domenica le cascate della Valganna sono ghiacciate e l’evento comporta una sosta obbligata per chiunque transiti lungo la strada provinciale che si addentra nella valle. I poderosi aculei di acqua solidificata che pendono dalle rocce, gli spogli alberelli ricoperti di gelo in tutte le loro ramificazioni e quella sensazione complessiva di un freddo vero, quasi d’altri tempi, che si respira in questo ombroso angolo di provincia anche ieri hanno richiamato un costante pellegrinaggio di visitatori, curiosi e appassionati. Nel primo pomeriggio il via vai è senza tregua: si lascia la macchina a lato carreggiata, si scende intabarrati pagando lo scotto dello sbalzo tra il riscaldamento dell’auto e l’atmosfera esterna e, con ogni mezzo tecnologico offerto dall’attuale tecnologia, si scatta un ricordo che sa di amore per la propria terra.

Giovanni e Anna Sofia, che nell’inflessione tradisce la propria origine spagnola, vengono da Busto Arsizio e passavano di qui per caso. Veloce risoluzione e li trovi intenti a fotografarsi l’uno con l’altro stando attenti a non scivolare: «Vale la pena fermarsi – affermano con un sorriso – E’ bellissimo». Poco più in là Cristina Liminta e Roberta Vecchiato non stanno più nella pelle: sembrano due bambine che hanno riscoperto il loro gioco preferito. Una abita a Induno Olona, pochi chilometri di distanza, l’altra è di Busto. E anche loro sono capitate in zona senza un preciso disegno mentale: «Facciamo spesso la strada, ma quest’anno è la prima volta che troviamo le cascate in questo stato. Però, se c’è da fare qualche foto spettacolare, sappiamo bene come sia questo il posto giusto: non ci sono tanti di angoli del genere nella nostra provincia».
Hanno ragione. E se provi ad approfondire il rispettivo amore per grotte e dintorni, le due ragazze ti tirano fuori la storia del mostro e quel fascino che solo il mistero è capace di esercitare. Stavolta è colpa loro e ci facciamo spiegare. In realtà la vicenda la conoscono un po’ tutti: qualche anno fa alcuni speleologi scapparono a gambe levate dalla grotta della Sfinge, asserendo di aver visto un’entità dalle sembianze non antropomorfe che li osservava dall’alto. Ci fu addirittura il Serp – acronimo per studi e ricerche sul paranormale – a fare delle indagini, e tutti i giornali ne scrissero.

Chissà se anche l’inquilino delle spelonche avrà freddo in questi giorni di acqua che diventa ghiaccio? Delle temperature con il meno davanti, di certo, non si cura troppo il signor Claudio, intento ad osservare la cascata “pietrificata” da dietro, salite le scalette vicino al ristorante. Lui è un habitué del contesto e scambiarci quattro chiacchiere significa entrare nei ricordi di una Valganna lontana. La miniera della Valvassera, il lago di Ghirla pista di pattinaggio in inverno e freddo specchio da guadare in estate… Poi ancora la mitica discoteca del motel Piccolo Lago… O le ragazze che scendevano dalla colonia di Boarezzo per fare festa nei loro giorni liberi…
Alla fine, come spesso accade camminando sui sentieri esistenziali, la magia vera va oltre il percepito dei sensi. Le cascate di ghiaccio di un pomeriggio di gennaio ne sono una conferma, con il loro bagaglio di racconti, di passione e di vita.