Il “giallo” del cavaliere Stangone senza un nome

Il mistero del cavaliere di Biumo non é ancora risolto e il team del laboratorio di Antropologia Fisica e Molecolare dell’Insubria si è appassionato a questo caso.

Ma andiamo con ordine. Nel 2001, durante alcuni lavori di restauro della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, viene alla luce una sepoltura unica: si tratta dello scheletro di un uomo. Quando, durante degli interventi di restauro, vengono portati alla luce dei reperti archeologici, i lavori vengono bloccati dalla Soprintendenza ai beni architettonici che richiede l’intervento di un archeologo.

Se tra questi reperti vi sono anche resti umani, ecco scendere in campo il team del laboratorio del padiglione Rossi: un antropologo molecolare e come supporto tecnico la dottoressa , muniti di mascherina e guanti, per evitare la contaminazione biologica dei reperti, lo scheletro viene trasportato in laboratorio.

Qui si procede con una analisi macroscopica che significa recuperare dallo scheletro, dopo una sua ricostruzione, i dati identificativi: sesso, età alla morte, altezza, robustezza, alimentazione (che normalmente avviene attraverso un’osservazione macroscopica dell’usura dentale, se questa é ancora presente). Sempre a livello macroscopico si procede alla rilevazione di eventuali patologie attraverso la diagenesi dell’osso durante la sepoltura. «Lo scheletro di Biumo è il mio preferito – spiega la dottoressa Licata che si sta occupando del caso – Stando alle analisi antropologiche svolte sino ad ora, si tratterebbe di un uomo caucasico morto tra i 50 e i 60 anni. Era una persona molto alta, circa un metro e 80 centimetri. La relazione fatta dell’archeologo daterebbe la sepoltura tra l’XI e il XIII secolo».

In quel periodo la città di Varese non aveva ancora visto la luce, Biumo era una castellanza. Licata ha analizzato le lesioni presenti sullo scheletro. «Sono le lesioni che ci raccontano la storia di questi antichi scheletri. Questo soggetto presenta importanti lesioni a livello vertebrale: abbiamo diagnosticato una lesione tipica da caduta, probabilmente avvenuta da cavallo».

«Inoltre, abbiamo rintracciato una lesione importante sull’occhio sinistro: é una tipica lesione da fendente, ma il soggetto è sopravvissuto perchè, grazie anche a indagini radiologiche, abbiamo appurato che l’osso si é riformato. Potrebbe a causa di questa lesione aver perso un occhio».

C’è poi la questione legata alla sepoltura unica. «Essendo stato sepolto da solo questo ci fa intuire che fosse una persona importante. Non abbiamo trovato sepolto con lui alcun corredo, ma potrebbe essere stato saccheggiato. Con un po’ di fantasia, perché trovare fonti storiche di quel periodo è difficile, questo soggetto ha ricevuto importanti oneri funebri perché si trattava di una persona dedita alle armi. Noi lo abbiamo battezzato il “cavaliere di Biumo”».

Cosa accadeva in quei secoli a Biumo? Chi popolava quella castellanza? Cosa sorgeva prima della chiesa dei Santi Pietro e Paolo? Quali grandi imprese avrà compiuto il “cavaliere” per meritare una sepoltura di così grande pregio per l’epoca?

A tutte queste domande gli studiosi stanno ancora cercando di dare delle risposte.

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