Il prof dà dei nazisti ai lumbard E in Aula arriva l’assoluzione

Leghisti nazisti e xenofobi: l’associazione di parole non costituisce reato. Lo ha stabilito la sentenza pronunciata ieri in primo grado dal giudice varesino in seno al processo che vedeva contrapposti , accusato di diffamazione, e , giovane simpatizzante padana.

Gli appellativi rientrano nei limiti del diritto di critica. La vicenda ha inizio nel 2006 quando Barone, ieri imputato poi assolto con formula piena, invia una lettera, poi pubblicata, a un quotidiano online locale.

Lettera intitolata: “Piccoli Hitler”, in risposta a una missiva firmata da Prat. Barone, docente in filosofia di scuola superiore, scriveva: «La lettera di Vanessa Prat è un piccola ‘summa’ del pensiero reazionario della Lega, che merita di essere assunta come modello di una concezione ideologico-politica identitaria, comunitaristica, xenofoba e razzista, in cui traspaiono, nonostante il malcelato tentativo di dissimulare o di sfumare questa ispirazione profonda, alcuni caratteri fondamentali della “Weltanschauung” nazifascista». E ancora: «Nella panoplia di parole d’ordine demagogico-populistiche e di ossessioni proprietario-securitarie che l’autrice di quella lettera ha allestito si va, accompagnati da un sottofondo fonico che fa venire in mente il sordo ringhiare dei cani attaccati al loro osso».

La lettera si chiudeva con un’ipotesi di impiego dei politici di estrazione leghista: «La funzione che si può ipotizzare per questo genere di persone (qualora in quel diverso contesto non si siano estinte o trasformate) sarà una funzione di tutto riguardo, dato il particolare rapporto, feticistico, che essi intrattengono con la forma astratta della ricchezza e con la sfera dello scambio, ossia con la base di tutte le loro concezioni sociali e politiche: quella di addetti alla pulizia dei gabinetti pubblici», scriveva Barone.

In risposta alla lunga missiva, tutta giocata sullo stesso tono, Barone, come ha sottolineato in scritti precedenti, aveva ricevuto con sua grande sorpresa, una denuncia per diffamazione.

Ieri, assistito in aula dall’avvocato , il professore scrittore ha rivendicato «la libertà di espressione – ha detto l’avvocato – Libertà sancita dall’articolo 21 della nostra Costituzione. Anche con l’utilizzo di satira, una satira colta, che ben si attaglia all’ambito politico del dibattito».

Se il pubblico ministero d’udienza , riconoscendo la fondatezza del capo di imputazione, ha chiesto una condanna per Barone a quattro mesi di carcere (con pena sospesa) e a 400 euro di multa,, avvocato di parte civile ha discusso parecchio sottolineando la natura offensiva e violenta delle affermazioni.

«È inequivocabile – ha detto Orelli in aula – come equiparare una persona a dei nazisti rappresenti sulla base di fatti storici concreti e recenti, equiparare la stessa persona al massimo grado di criminalità raggiunto dall’umana storia». Il giudice, leggendo il dispositivo, è stato chiarissimo: «Assolto perché il fatto non sussiste. Le affermazioni contenute in quella missiva rientrano perfettamente nei limiti del diritto di critica, particolarmente opinabile quando esercitato in ambito politico». Un diritto di critica esercitato in modo legittimo in base alla sentenza.

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