La rivincita della “schiscetta” in classe. Varese prepara la rivolta al caro-mense

La grillina Paola Macchi porta la proposta rivoluzionaria in Regione e sui social. In un giorno mille adesioni alla petizione: «Con i pasti da casa più qualità e risparmi»

A scuola con la “schiscetta”, la consigliera regionale grillina vuole regolamentare il “pranzo al sacco” degli studenti. «Diamo libertà di scelta alle famiglie. L’obiettivo dev’essere una mensa scolastica di qualità per tutti».
Un’idea contro il caro-mense e contro le contestazioni ai pasti serviti nelle scuole, che ciclicamente salgono alla ribalta delle cronache. La proposta della gallaratese Paola Macchi, mamma e cittadina-portavoce del MoVimento Cinque Stelle al Pirellone, di «dare la possibilità ai bambini di portare il pasto da casa, in alternativa a quello offerto dal servizio di ristorazione scolastica», fa proseliti.

E il 7 novembre all’auditorium Gaber di Regione Lombardia si aprirà un tavolo di confronto tra genitori, insegnanti, Asl, ufficio scolastico regionale e tutti i soggetti che possono essere coinvolti in questa iniziativa.
«È una questione di libertà di scelta – sostiene Macchi – che molti genitori rivendicano a fronte di un sistema sempre più basato su maxi-centri di cottura che sfornano pasti che verranno consumati a ore di distanza e che hanno un costo pro-capite che in certi casi sfiora quello del buono pasto dei lavoratori o di noi consiglieri regionali, che è da sette euro».

Ma l’obiettivo finale non è solo quello di aprire le porte alla “schiscetta”, o meglio “lunch box”, «ma di porsi il problema per trovare una soluzione che vada nell’interesse delle famiglie – prosegue – L’ideale sarebbe garantire una mensa di qualità a tutti. Sono convinta che, se ci fosse l’opzione del pasto da casa, le stesse società di ristorazione sarebbero incentivate a migliorare la qualità dei loro piatti, per convincere i “clienti” a non rinunciare al servizio».


Nel frattempo, in provincia di Brescia, l’Asl ha dato parere favorevole alla “schiscetta” in classe, con opportune prescrizioni per evitare contaminazioni e problemi igienici.
«In realtà non c’è una norma che vieta di portare il pasto da casa – sottolinea Macchi – Sono i singoli dirigenti scolastici che decidono. Il caso di Vergiate, dove con un’ordinanza è stata introdotta la possibilità che gli alunni si portino il pranzo da casa, può essere un modello, perché alle scuole medie ci sono ben 15 studenti su 70 che optano per la “schiscetta”. Ci sono delle regole: niente bibite gassate, niente cibi in scatola».
Iniziativa nata in risposta a un caso che fece scalpore, quando furono somministrati solo panini agli alunni le cui famiglie erano morose per il pagamento dei buoni pasto. «Solo due pasti a settimana – precisa l’assessore – c’è un elenco di alimenti ammessi. I ragazzi consumano soprattutto panini, pizze, brioche e fette di torta, in una stanza separata all’interno della refezione».

E i genitori varesini e varesotti, cosa ne pensano? Il tema divide, ma l’adesione alla petizione del Movimento Cinque Stelle è stata entusiastica: mille firme su Change.org in un solo giorno.
«Credo sia una proposta che va incontro alle esigenze delle famiglie in crisi economica, perché chi può permetterselo continuerà ad usufruire della mensa – sottolinea , di Saronno – Lo fanno in Svizzera, non si capisce perché non si possa fare anche qui, con tutte le accortezze del caso. Dobbiamo renderci conto che i tempi sono cambiati: negli anni ‘70-‘80 le mamme aspettavano a casa i figli e facevano da mangiare perché bastava lo stipendio di papà a mantenere la famiglia. Adesso non ne bastano due di stipendi per mantenere un figlio!».