Morandini griffa il Rugby La nuova maglia è di design

La nuova maglietta del Rugby Varese è griffata, scultore e designer di fama mondiale. L’artista vive a Bizzozero. Ha girato il mondo – da Bruxelles a Singapore, passando per l’Austria e per altri paesi ancora – ma è molto attento a quello che succede sul suo territorio.

Tanto è vero che, prima di disegnare la maglia del rugby Varese, ha già griffato quelle della squadra della bocciofila e della pallacanestro di Bizzozero. Chi indossa una di quelle T-shirt può vantare quella che i critici chiamano «un’opera d’arte di uso quotidiano».

Lo stile di Morandini è contraddistinto dall’uso del bianco e del nero, colori semplici che permettono di concentrarsi sulla forma più che sull’estetica.

In questo caso, però, l’artista ha usato il rosso e il bianco, i colori del Varese. Una piccola variazione sul tema, ma di grande impatto. «Cosa mi ha ispirato? Io non sono un grande conoscitore del gioco del rugby, ma mi interessa sempre lo sport in generale – dice Morandini – Progettare magliette mi è congegnale. Mi piacerebbe disegnare la maglia del Varese Calcio, ma non me lo hanno mai chiesto, almeno per ora. Si vede che hanno stilisti più bravi di me…». La maglietta della squadra è nata “in amicizia”, Morandini e , presidente del Rugby Varese, si conoscono da diverso tempo.

Dopo che Malerba glielo ha chiesto e richiesto, sentendosi placcato come sul campo di gioco, l’artista ha realizzato l’opera.

Il disegno della maglia è composto dalle stesse linee essenziali e geometriche che hanno reso famoso il tratto dell’artista. Il disegno, però, concorre a creare una metafora del gioco.

«Credo di aver rispettato lo spirito del rugby: il prendersi e il fermarsi – spiega l’artista – Il rugby è un gioco di corpo e questa forma lo ricorda. Ho voluto rappresentare le mani che fermano il pallone e il movimento a zig-zag dei giocatori nel campo di gioco. Non ho voluto fare un disegno statico, ma che desse la sensazione del movimento, dell’inventiva, della sorpresa. Il mio tentativo è stato quello di tradurre tutto questo in modo molto semplice e immediato. Volevo che, vedendo i giocatori con questo segno sul petto, negli avversari nascesse un timore reverenziale».

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