«Poz è stato fratello, doveva essere padre»

Antonio Bulgheroni, ex cestista, Cavaliere del Lavoro, presidente di Lindt Italia, presidente dell’Unione Industriali di Varese dal 1991 al 1995 e vicepresidente del Cda della Banca Popolare di Bergamo, risponde alle 20 domande di Franco Ferraro

Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24, torna con “Venti domande per me (posson bastare)”. Il protagonista, questa settimana, è Antonio Bulgheroni, ex cestista, Cavaliere del Lavoro, presidente di Lindt Italia, presidente dell’Unione Industriali di Varese dal 1991 al 1995 e vicepresidente del Cda della Banca Popolare di Bergamo .


Un po’ entrambe. Rabbia per la sfortuna ed amarezza per la delusione dei tifosi. Una delusione profonda e dolorosa, soprattutto alla luce del bellissimo entusiasmo che aveva salutato l’arrivo di Gianmarco. C’era nell’aria, si percepiva chiaramente un’atmosfera speciale, carica di gioia, di eccitazione per la stagione che si annunciava. E le speranze hanno cominciato a crescere, a diffondersi senza freni e controllo, a produrre adrenalina. L’amore dei tifosi per la squadra è totale, io lo so bene, e quando le cose vanno male è difficile per loro riuscire a neutralizzare l’amarezza e lo sconforto per ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.


Poz è un ragazzo particolare e speciale. Lo conosco nel profondo dell’anima. È pieno di ardore e passione. Ha uno slancio che raramente ho incontrato nella mia vita. Potrebbe scrivere un libro, e sarebbe un bel libro, pieno di cose belle e interessanti, curiose e stimolanti, certamente mai banale. È un sognatore. E anche in questo è diverso: da giocatore pensava (e realizzava) numeri esaltanti, da sognatore credo faccia lo stesso. È come se rifiutasse l’idea di un sogno normale. Per questo si meriterebbe di vincere, con la sua filosofia che è fatta di generosità, di entusiasmo, di spontaneità, di voglia di essere e di pensare sempre tutti assieme… Purtroppo questa filosofia non è sempre applicabile e non sempre funziona con tutti e in tutte le situazioni.


Gianmarco ci ha messo l’anima, non nascondendo mai le sue emozioni e cercando di trasmetterle sempre ai giocatori e al pubblico con grande onestà. Mascherare le emozioni, gioia o rabbia che sia poco importa, è cosa che non gli appartiene. Non si è mai nascosto e non ha mai cercato scuse. Con la squadra ha cercato di essere più fratello che genitore. Purtroppo, quando hai la responsabilità di un gruppo, devi provare ad essere un buon genitore…


E quindi va bene la confidenza ma, come con un figlio, non puoi essere completamente amico. Il ruolo che hai quando guidi una squadra – in qualsiasi contesto – ti impone di cercare di essere su un piano diverso, mettendo in campo anche l’autorevolezza.


Sono d’accordo. Purtroppo alcune regole (vedi la legge Bosman) hanno cambiato completamente il quadro in cui operano le società sportive. Non si investe più di tanto nei settori giovanili, perché è più semplice ed ha un ritorno sull’investimento più immediato prendere un giocatore già formato all’estero, anche perché sai che lo puoi cambiare ogni volta che vuoi. Prima i giocatori, il cui diritto sportivo apparteneva alla società, venivano da queste più tutelati, curati, allevati, fatti crescere. Detto questo, il problema diventa evidente quando i ragazzi arrivano ad un punto in cui per migliorarsi servirebbero competizioni adatte al loro livello e in grado di farli crescere progressivamente. Il salto dalle squadre juniores alla serie A è troppo grande, sia da un punto di vista fisico sia tecnico, ed è in questo campo che la federazione dovrebbe trovare una soluzione.


Secondo me da una esperienza negativa bisogna sempre saper trarre delle indicazioni che ti permettano poi non tanto di non sbagliare, ma di sbagliare di meno. Tutto serve. Un errore si porta appresso la sua valutazione e quindi serve a ridurre il rischio successivo. L’importante è non perseverare nell’errore. Questo sì, sarebbe imperdonabile.


Ecco i nomi, non in ordine di preferenza:

– Bill Russell

– Oscar Robertson

– Jerry West

– Larry Bird

– Magic Johnson

– Michael Jordan

– Kareem Abdul Jabbar

– Kobe Bryant

– Sergei Belov

– Radivoj Korac


Il mio quintetto ideale Nba di oggi:

– Stephen Curry

– Russell Westbrook

– Kevin Durant

– Tim Duncan

– Patrick Noah


Il mio quintetto ideale italiano di oggi è:

– Daniel Hackett

– Marco Belinelli

– Stefano Gentile

– Gigi Datome

– Andrea Bargnani


La mia testa e il mio cuore pensano subito al miracolo della vittoria dello scudetto di Varese del 1999. Che, senza l’infortunio di Dunston, si sarebbe potuto ripetere due anni fa.


Assolutamente sì: non c’è nessuno sport come il golf che rivela in modo inequivocabile il carattere e la testa delle persone.


Lo è, la possibilità di fare un colpo bellissimo – cosa che può capitare anche ad un principiante – ti fa credere che sia uno sport facile e in qualche modo accessibile. Ripetere i bei colpi invece è solamente dei campioni. Il segreto è che la testa, nel golf, conta più del 50%.


Il golf italiano ha espresso e sta esprimendo campioni in modo non proporzionale al numero di praticanti e di giocatori: questo vuol dire che la federazione sin dall’inizio ha dei programmi estremamente validi ed efficaci con allenatori di livello. Il problema rimane vincere la barriera all’ingresso a questo sport per nuovi giocatori, di qualsiasi età essi siano. Purtroppo il golf, da un punto di vista tecnico, è uno sport non facile da assimilare perché richiede sin dall’inizio una grande pazienza e una grande umiltà.


No mai, e non intendo farlo fino all’ultimo!


In fondo rifarei esattamente tutto.


Ti rispondo le stessa cosa, rifarei tutto.


Per la prima domanda dovresti chiedere ai miei figli. Io credo di avergli dato, più che tante parole, degli esempi e dei valori concreti. La risposta alla seconda domanda è: assolutamente sì!


“Avrò cura di te” di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale.


“12 anni schiavo”.


Dal momento che “faccio” ogni giorno, probabilmente commetto errori ogni giorno. Cercando comunque di non ripetere gli stessi errori.