«Cambio vita per raccogliere fondi»

Innovazione - Si chiama Joy, è partita cinque anni fa come start up e oggi ha otto dipendenti. «Il segreto? L’etica»

La raccolta fondi gentile parte dal Varesotto e dall’idea di che, a quarant’anni, ha deciso di cambiare vita, passando dal profit al non profit.
Una start up sociale innovativa? Lui la sua idea di innovazione la chiarisce subito: «Non ho inventato nulla – dice – perché la mia società si occupa di raccolta face to face, ovvero quella raccolta fatta grazie a persone che stanno in luoghi strategici come palestre, centri commerciali oppure in vie particolarmente frequentate».


«L’innovazione – precisa – ha riguardato il modo di fare tutto ciò, ovvero farlo seguendo principi estremamente etici a partire proprio dal reclutamento delle risorse umane, che sono la vera chiave del successo della mia attività, ma anche delle campagne delle Ong ed Onlus per le quali lavoriamo».
Il tutto partendo da un micro-territorio come quello della provincia di Varese, ma riuscendo a guadagnarsi la fiducia di colossi come Telethon Aism, Save the Children, We World, Action Aid, Cesvi, Terre des Hommes, Sos Villaggi.
L’avventura per Joy è iniziata cinque anni fa, in un momento economico non facile e scegliendo all’inizio la forma giuridica di una cooperativa: oggi Joy Fundraising è una Srl con otto dipendenti e una quarantina di collaboratori sparsi tra Varese e la provincia di Torino, dove la società ha una sua “appendice” operativa.
«Le difficoltà sono state molte – ammette Ceriani – E anche gli errori commessi non sono stati pochi: credo però di aver imparato anche dagli sbagli che sono diventati un bagaglio importante per il nostro lavoro». Il face to face è una modalità di raccolta fondi molto utilizzata e che può portare a risultati ambivalenti. «Se fatta bene funziona molto – dice Ceriani -, ma facendola male c’è il rischio di ottenere il risultato opposto e di allontanare le persone dal donare, danneggiando un po’ tutti coloro i quali scelgono questo tipo di raccolta fondi».
Ecco allora che il punto di forza di Joy sta proprio nel reclutamento, nella formazione e nelle motivazioni dei giovani che staranno in prima linea a dialogare con le persone. «Occorre evitare di essere fastidiosi – dice Ceriani –: gentilezza ed eticità sono per me i punti di forza per poter fare bene questo tipo di lavoro. Non si può andare a chiedere di sostenere una causa se non si è convinti di quello per cui si lavora».
La sfida attuale è quella di portare questo modello anche verso le piccole realtà, quelle per le quali la modalità del face to face è più occasionale, attraverso percorsi di formazione e coatching studiati su misura per chi non ha la forza e la struttura delle grandi Ong. «L’obiettivo di questa nostra nuova attività – spiega Ceriani – è quello di diffondere una cultura del face to face orientata alla qualità, per permettere di sviluppare in autonomia nuove modalità di crescita. L’aspetto innovativo è la sperimentazione delle tecniche di face to face direttamente sul campo». Di questo si parlerà martedì 7 giugno alle 18, presso in un incontro in programma presso l’Arthelier di Via San Francesco 26 a Varese.
«Si tratta di presentare una nuova opportunità per le associazioni e le organizzazioni no profit del territorio – conclude Ceriani – che potranno, per la prima volta, formare risorse interne dedicate a raccogliere nuovi donatori e sostenitori attraverso la modalità del face to face, ma facendolo appunto sfruttando la nostra esperienza e il nostro approccio».