Con il 3D “rinascerà” Palmira. Sì, Varese ci ha visto giusto

Il digitale del futuro - Gli studiosi pensano a una mega stampante.Secondo l’archeologa Teresa Grassi si potrebbe utilizzare la pietra originale. E per gli artigiani si aprono nuove frontiere al Faberlab

«Ricostruire Palmira utilizzando una stampante 3D». Ormai gli sviluppi della manifattura digitale arrivano a superare l’immaginazione. La notizia sulla possibilità di ricostruire gli archi di Palmira con una stampante 3D è una «straordinaria conferma delle potenzialità infinite che ha la manifattura digitale» per il presidente di Confartigianato Imprese Varese Davide Galli.
Tutto vero. Perché non appena si è diffusa la notizia di come l’Isis avesse perso il controllo del sito archeologico di Palmira, gli studiosi di mezzo mondo si sono subito mobilitati per pensare al recupero.

Tra cui l’archeologa Maria Teresa Grassi, che in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” di ieri ha ventilato l’ipotesi della possibile ricostruzione, per esempio col sistema della riproduzione con la megastampante 3D messa a punto da Massimo Moretti e presentata a Roma nell’ottobre 2015 da Francesco Rutelli col professor Paolo Matthiae nell’ambito dell’associazione ”Incontro di civiltà”.
«Si potrebbe usare, per la riproduzione, la stessa pietra originale polverizzata con quella locale». Il progetto era stato presentato alla Maker Faire di Roma lo scorso ottobre, la stessa fiera a cui aveva preso parte una delegazione del Faberlab di Tradate. In quell’occasione era stata svelata al pubblico dei “makers” la più grande stampante 3D al mondo, la Big Delta 12 metri, una gabbia metallica che superava di gran lunga il colonnato della Sapienza. E con questa stampante si potrebbero ricostruire le opere più grandi: l’obiettivo finale è la ricostruzione in scala 1 a 1, cioè a grandezza naturale di statue, templi, archi e tutto ciò che di architettonicamente imponente è stato spazzato via.
Massimo Moretti, un maker romagnolo dall’animo autenticamente rivoluzionario, dopo aver fondato con altri sognatori tecnologici la Wasp – acronimo per World’s Advance Saving Project”, modello per la loro stampante 3D, veloce, economica e versatile soprattutto per l’artigianato – ha pensato ancora più in grande.
E ha deciso che si potevano stampare case. «Case per chi non ha niente – racconta – fatte con la terra del luogo». Nel caso di Palmira, si tratta di una sfida alla barbarie iconoclasta: la ricostruzione dell’arco del tempio di Bel di Palmira è già iniziata, per far rivivere il monumento riprodotto in due copie realizzate con la stampante 3D più grande del mondo. 
Le ricostruzioni, alte 15 metri e prodotte in un composto leggero, saranno ricreate a Shanghai, portate in Italia e completate prima dell’assemblaggio in Gran Bretagna, per essere posizionate a Londra a Trafalgar Square e a New York a Times Square.
Ma si tratta di una possibile evoluzione incredibile per il settore artigiano dell’edilizia, che sta vivendo momenti di grande difficoltà dopo gli anni della crisi e che cerca strade per il rilancio. Confartigianato Imprese Varese su questo fronte ha già investito forte, acquistando una stampante all’avanguardia, la ProJet660 Pro, che funziona a polveri di gesso e ha già “conquistato” architetti e artigiani edili. E le potenzialità di ulteriore sviluppo tecnologico appaiono davvero senza limiti. E le nostre associazioni di categoria, Confartigianato ma anche Univa, che ci credono, sentono di essere sulla strada giusta per il futuro.