I parrucchieri? Donne o stranieri «Ma chi lavora in nero ci uccide»

I parrucchieri e gli estetisti lombardi sono sempre più donne. E sempre più straniere: i dati diffusi pochi giorni fa dalla Camera di Commercio di Milano hanno Varese come protagonista, ma dietro ai numeri c’è una realtà complessa, fatta di difficoltà e di concorrenza quotidiana, che la crisi rende ancora più difficile da sostenere, soprattutto per gli imprenditori italiani.

In Lombardia crescono le imprese del settore “bellezza e benessere” a guida non italiana: + 11,3%, un parrucchiere lombardo su quindici. I cinesi sono cresciuti del 14,9%, seguiti da svizzeri (+2,7%) e marocchini (+15,7%, ma si parla di 59 attività in tutta la regione).

Non solo: il 17% delle imprese straniere sono guidate da giovani, cosa che per gli italiani avviene solo nel 15,5% dei casi.

Varese è la quarta provincia lombarda per numero di estetisti e parrucchieri: ben 2.216. Varese è l’undicesima provincia a livello nazionale per numero di queste attività, e il 5,4% è guidato da cittadini non italiani.

Questo nonostante la percezione degli addetti ai lavori: «L’anno scorso – racconta Teresa Cilla, referente dei parrucchieri per Cna provinciale – hanno chiuso un’ottantina di negozi».

Ma non tutti lo hanno fatto per terminare l’attività, come sottolinea Evelina Bracalente, referente Cna provinciale per gli estetisti: «Le tasse hanno raggiunto il 70% del fatturato. La concorrenza vera, nel mio settore, più che dagli stranieri arrivano dalle italiane che chiudono il negozio per proseguire con l’attività porta a porta. Ovviamente in nero».

I dati dell’ente camerale milanese corrispondono alla ricerca dell’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Varese, che riporta come nel 2013, in provincia di Varese ci fossero 3.175 imprese artigiane gestite da stranieri, il 14,1% del totale delle aziende artigiane dell’intera provincia.

I tre quarti di queste operano nel settore delle costruzioni. Il restante 25% si divide equamente tra il settore manifatturiero, i servizi alle imprese e i servizi alle persone (8,5% circa).

«In un mondo ormai globalizzato e in continuo cambiamento, è normale e giusto che ci sia piena concorrenza – dice Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese – Sia tra imprenditori che tra lavoratori di diverse nazionalità. Deve essere però regolata dagli organi di controllo deputati, a parità di adempimenti, accertamenti, verifiche e correttezza. E questo per evitare, ovviamente, eventuali distorsioni del mercato».

Secondo il presidente di Confartigianato, per recuperare terreno l’unica alternativa è investire sui giovani italiani, che sembrano non essere più interessati a certi tipi di attività manuali: «La carta vincente per il futuro sarà la flessibilità – conclude Galli – non solo occupazionale, ma soprattutto mentale. Non si possono quindi rinviare le scelte in tema, ad esempio, di alternanza scuola-lavoro, riforma dell’apprendistato e in generale formazione dei ragazzi “sul campo”, facendo loro incontrare il prima possibile il “vero” mondo del lavoro, oltre le aule e le cattedre».

© riproduzione riservata