Sgambetto ticinese. Le nostre aziende fanno due conti

In duecento ieri al convegno di Confartigianato per capire come riorganizzarsi con le nuove norme. «Si può continuare a lavorare. Se ne vale la pena»

Artigiani preoccupati, il nuovo albo delle imprese artigianali del Canton Ticino rischia di essere una stangata. Ma otto imprese su dieci, da un sondaggio interno fatto da Confartigianato Imprese Varese, vogliono continuare a lavorare in Ticino, anche se più di un’impresa su due è convinta che la nuova legge la danneggerà. «Sì, si può continuare a lavorare in Ticino». Matteo Campari, funzionario responsabile per l’innovazione e l’internazionalizzazione di Confartigianato, lo mette in chiaro subito, per provare a rassicurare una platea visibilmente preoccupata.

Si sono presentati in 200, più di quanti si erano annunciati, in sala Napoleonica a Ville Ponti per capire meglio la nuova Legge sulle Imprese Artigianali del Canton Ticino, che prevede la novità dell’obbligo di iscrizione all’Albo delle imprese artigianali. «Non è una legge punitiva verso gli artigiani italiani, ma riguarda anche le imprese svizzere di altri Cantoni e quelle di altri Paesi – mette subito in chiaro, a sua volta, Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese –

è vero, impatta notevolmente sulle nostre imprese che lavorano con il Canton Ticino, ponendo qualche difficoltà nell’operare. Come associazione ci siamo mobilitati subito, per non far perdere tempo alle nostre imprese. Intervenendo sia sulle istituzioni della Confederazione Elvetica, con incontri esclusivi organizzati in Ticino, sia su quelle italiane, facendo presente il problema al ministro degli esteri Paolo Gentiloni e al sottosegretario alla presidenza del consiglio Sandro Gozi». Di certo, aggiunge Galli, si tratta di una «normativa ancora pienamente in itinere. Proviamo qui ad iniziare a chiarire alcuni aspetti, ma continueremo a dare assistenza alle nostre imprese».
Il sondaggio interno alla categoria fatto su un campione di 500 imprese mostra che il problema preoccupa molto i nostri artigiani: il 43,8% degli interpellati dichiara di «lavorare regolarmente» in Svizzera, percentuale che sale fino al 92 per quelle imprese che dichiarano di «lavorare fino a tre mesi l’anno» oltre frontiera. Ebbene, se l’80% delle imprese dichiara che «vorrebbe ancora continuare a lavorare in Ticino», il 54,3% pensa che sarà danneggiato dalla nuova legge sulle imprese artigianali (Lia). Numeri che nascondono una preoccupazione palpabile: «Sul lungo termine – sottolinea un artigiano del Luinese, il costruttore Maurizio Cometti – può essere un’opportunità, perché qualificarsi professionalmente è sempre positivo. Ma la strada è in salita».
Matteo Campari, di Confartigianato, avverte: «Si può continuare a lavorare in Canton Ticino, ma siccome l’adesione all’albo ha un costo, in entrata e di mantenimento (duemila franchi per la categoria in cui si opera, più 300 franchi all’anno, ndr), occorre valutare se vale la pena sobbarcarsi questo onere».

Come dire, se il Ticino ha un peso preponderante come mercato di destinazione, ne vale la pena. Perché iscriversi all’Albo presuppone conoscenze tecniche, da dimostrare davanti ad un’apposita Commissione («state attenti al curriculum da presentare»). E le sanzioni, fino a 50mila franchi per chi “sgarra”, sono pesantissime, con gli esperti di Fideconto Consulting che ricordano come in Ticino le visite in cantiere le fanno «anche alle 5 del pomeriggio poco prima della chiusura».