Il Pride non è una carnevalata. E chi governa deve rispettare tutti

Il confine tra l’opinione e l’offesa è molto sottile. E chi lavora con le parole, come noi giornalisti, lo sa bene. A volte è facile lasciarsi andare ad esternazioni colorite. Ma se hai un ruolo istituzionale, bisogna ricordarsi che quelle parole saranno amplificate. Questo sia da monito al sindaco Emanuele Antonelli, che nel momento in cui definisce il Gay Pride una carnevalata sa bene che, con questa parola, darà il via ad una forte polemica. E probabilmente, da politico furbo e attento, ne era consapevole.

Probabilmente lo sperava, perché nel sistema politico-mediatico moderno la polemica è la benzina del consenso politico-elettorale. Quindi, il sindaco Antonelli, nel momento in cui l’Arcigay e parte del mondo politico colgono la sua polemica e rispondono, non può lamentarsi. Veniamo al Pride. È una carnevalata? Assolutamente no, è qualcosa di molto serio, è una manifestazione che si ripete di anno in anno, e più va avanti più sta conquistando nuove frontiere, per rivendicare l’uguaglianza dei diritti di tutte le persone indipendentemente dal proprio orientamento sessuale.

Il fatto che sia una cosa seria non significa debba anche essere grigia, noiosa, priva di colori. Serietà non è sinonimo di grigiore. Le battaglie più sacrosante possono anche essere portate avanti con un tripudio di colori e con una grande festa. Questione di gusti, ma nessuno giudichi. Un esponente eletto nelle istituzioni può dissentire, ma deve garantire le libertà e i diritti di tutte le persone, anche se le modalità con cui manifestazioni non gli piacciono. A me che queste modalità non violino i diritti di altri. Direi che il Pride non viola nessun diritti. Anzi, è nato per difendere i diritti.