Sì alle strade più sicure. Ma non siano un alibi ipocrita

Giada, Lorenzo, Olga. Due ragazzi e un’anziana. Tre vite spezzate nell’arco di un mese in altrettanti incidenti stradali dalla stessa identica, semplice quanto devastante dinamica: tutti e tre sono stati travolti e uccisi mentre attraversavano la strada sulle strisce pedonali. Unica odiosa “deviazione” dallo schema si registra per lo schianto costato la vita a Giada Molinaro: l’investitore è fuggito ed è stato arrestato due giorni dopo mentre non pensava assolutamente di costituirsi. Ma la dinamica per tutti e tre gli incidenti è la stessa.

Si punta il dito, sempre o quasi (lo si è fatto in tutti e tre questi casi) sulla pericolosità delle strade e l’insicurezza degli attraversamenti pedonali. Tutto vero. Tanto che a Cocquio Tevisago, dove ha perso la vita Lorenzo, c’è già un piano per migliorare quella strada. Ma non sarà uno scaricabarile? C’è infatti un altro fattore che accomuna gli incidenti. La distrazione. Chi ha investito Lorenzo si è distratto per salutare la madre del ragazzo.

Chi ha investito Olga è rimasto per un attimo abbagliato dal sole. Chi ha ucciso Giada l’ha vista soltanto all’ultimo istante e ha semplicemente chiuso gli occhi. A Lorenzo il sindaco di Cocquio Danilo Centrella ha chiesto scusa. «Scusa per la nostra fretta. Per la disattenzione, per l’aver dimenticato quanta concentrazione serva nella quotidianità per salvaguardare la nostra e l’altrui incolumità». Il cellulare che suona, la notifica social, il “whatsappino”, la musica da cambiare. Che sia lavoro o piacere, rispondere o cambiare canzone, sembra sempre più importante della vita. Alcune strade devono essere rese più sicure. Ma siamo certi che basti?