Tre donne e due diversi modi di essere in politica

Donne, cose che non si fanno e cose che si fanno. Cominciamo da casa nostra. La sindaca di Roma Virginia Raggi diserta l’annunciata presenza al raduno dell’Azione Cattolica. Si giustifica con motivi familiari: ha bisogno di un po’ di serenità dopo lo stress delle baruffe all’interno del Movimento 5 Stelle. Il Vaticano, che l’aveva invitata, ci rimane male. Anche se, dopo qualche prima dichiarazione stizzita, maschera bene la delusione. Chiara Appendino, sindaca di Torino, non va alla riunione della Fiom,

il sindacato dei metalmeccanici, dove aveva garantito che ci sarebbe stata. Anche loro restano di gesso come ci erano restati nella capitale. La Appendino, come la Raggi, accampa ragioni familiari, giustificandosi con qualche imbarazzo. Passa l’idea che le due considerino talvolta una seccatura il ruolo cui si sono candidate e che il verdetto popolare gli ha assegnato. Una cosa che non si deve fare. Trasferiamoci in casa degli altri, Stati Uniti d’America. Hillary Clinton ha un malore mentre si celebrano a Ground Zero le vittime dell’11 settembre. Lascia compostamente, per quel che le è possibile, il posto e si rifugia a casa della figlia, lì vicino. Poi dà rassicurazioni sulla sua salute, nonostante qualche problema ce l’abbia. E conferma gli impegni dei giorni a venire. Le sarà vicina, salendo con lei sul palco nei prossimi comizi delle presidenziali, Michelle Obama. Il messaggio appare evidente, nonostante lo sconcerto dei politologi: se non ce la faccio io, toccherà a lei. Da donna a donna, il progetto dei democratici pare non cambiare. Pur se ci si augura che non sia necessario, una cosa che si deve fare.