Busto, l’angelo dello sport si è chiamato Carlo Speroni

BUSTO ARSIZIO Ecco l’intervento del professor Alberto Brambilla su Carlo Speroni, durante il premio “Speroni” del Panathlon La Malpensa. Il premio è stato assegnato all’atleta Lorenzo Perini, di Saronno.

Carlo Speroni, l’angelo custode dello sport bustese

Uno degli innocui divertimenti della mia adolescenza, che continuo a praticare, è quello di ricordare i nomi degli stadi, per poi ricamarci sopra, tra fantasia e realtà. Ad esempio forse non tutti sanno che lo stadio di Treviso è dedicato al motociclista (per altro non trevigiano d’origine) Omobono Tenni; lo stadio di Casale è invece consacrato a Natale Palli, aviatore, e quello di La Spezia ad Alberto Picco, pioniere del calcio, morto con la divisa di alpino.

Frequentando per ragioni di lavoro la Tribuna stampa dello stadio di Busto, quasi sempre mi siedo avendo alle spalle la targa dedicata a Carlo Speroni, che dice semplicemente “1895-1969 Campione maratoneta”.  Qualche domenica fa, un giovane collega di Cuneo guardando la targa, un poco stinta, mi chiedeva chi fosse questo Speroni, stupendosi che non si trattasse  di un calciatore. Alla sua domanda ho un po’ sorriso, poi gli ho risposto, “il padre dello sport bustese”. E non ho aggiunto altro.

In questa occasione di memoria e insieme di festa, che richiama i rappresentanti di sport diversi, riuniti nel nostro Panathlon, vale la pena di sottolineare questo specifico aspetto. La biografia di Speroni è davvero esemplare e si inscrive perfettamente nella vita della città, perché Speroni è nato ed è morto a Busto. E come quasi tutti i bustocchi dell’epoca il Carletu ha incominciato a lavorare dodicenne in una tessitura. Poi, lo sappiamo, ha stupito l’Italia, e l’Europa,

partecipando a ben tre Olimpiadi (Stoccolma 1912, Anversa 1920, Parigi 1924). Ma sempre e volentieri è ritornato alla sua città, alla sua famiglia, alla sua Pro Patria et libertate, società pioniera dello sport cittadino, fondata nel 1881, dunque esattamente 120 anni fa, in un momento, allora come oggi, non facile per la storia del nostro paese.
  
 Quando si parla di Speroni, di famiglia e di Pro Patria, non è facile distinguere perché la Pro Patria fu la sua famiglia ed egli per tutti fu un vero e proprio padre. Quando ha smesso di inseguire la vittoria sulle strade del vecchio continente, reso irriconoscibile dalle ferite della guerra, Carlo non si è dimenticato di Busto e della sua Pro Patria, nata come società polisportiva e dunque felicemente lanciata su vari fronti, nel tentativo di dimenticare in fretta gli orrori del conflitto. Del resto egli aveva già incominciato a collaborare con la società in qualità di ‘accompagnatore’ a diverse manifestazioni, mettendo al servizio degli altri la sua indubbia competenza ed anche l’indiscusso prestigio che si era guadagnato dopo diversi anni di intensa attività, sia in Italia sia all’estero. 

Il suo impegno professionale si era rivolto non soltanto al settore maschile, ma si era presto esteso alla componente femminile, già forte di una buona tradizione ginnastica, presto destinata a svolgere un ruolo di primo piano nello sport italiano, grazie all’insegnamento di Matilde Candiani e alla bravura delle sue allieve, Lina Banzi e Maria Piantanida, più volte campionesse italiane in diverse discipline atletiche e poi pioniere della “palla al cesto”. 

A questa straordinaria avventura non fu estraneo Speroni, come confermano diversi documenti fotografici che appunto lo ritraggono insieme alle atlete della Pro Patria et Libertate. Cosa ci faceva lì, qual era il suo ruolo? Difficile definirlo con precisione perché Speroni era contemporaneamente accompagnatore, consigliere, psicologo, allenatore, “team manager” ed altro ancora. Rispetto ai clamori delle grandi competizioni nazionali, oppure delle Olimpiadi, che trovavano larghi echi sulla stampa dell’epoca, è questa, certamente, una storia ‘minore’, ma non meno appassionata, che vale perciò la pena di non dimenticare, soprattutto questa sera.       
Se Speroni si offriva volentieri di accompagnare gli atleti impegnati nelle varie manifestazioni, i luoghi ideali in cui egli offriva il meglio di sé erano naturalmente le piste di allenamento, i percorsi di gara, le palestre. Proprio di quella di Busto, la gloriosa Palestra di via Concordia, teatro di tanti e fruttuosi allenamenti da parte dell’èlite ginnastica cittadina, Speroni sarà eletto custode: quasi a suggellare simbolicamente la sua parabola agonistica, innestandola nel corpo vivo dello sport bustese. 

Quella sede prestigiosa avrebbe a lungo costituito un punto di riferimento non solo per la componente ginnica, ma per lo sport cittadino tout court, dalla scherma al pugilato al ciclismo. In via Concordia, sotto gli occhi vigili di Speroni sarebbe  passato il fior fiore dello sport cittadino. Speroni dunque come angelo custode, e la palestra come la sua casa e gli atleti come la sua famiglia.   

Più noto è invece l’attaccamento di Speroni al calcio, naturalmente all’interno della sezione calcistica della Pro Patria, che a metà degli anni venti incominciava la scalata verso le vette più alte, puntando alla massima serie, infine raggiunta per la prima volta nel 1927. Appunto in quel lasso di tempo Speroni entra nel mondo calcistico, mettendo dapprima a frutto la sua conoscenza “muscolare” inventandosi una sino ad allora per lui inedita attività di massaggiatore. Più avanti, da masseur si trasformò in “guardarobiere” e factotum, trascorrendo quarant’anni al servizio del calcio cittadino, perché solo nel 1966 verrà anche per lui la “pensione” dal mondo sportivo, dai campi e dagli spogliatoi del glorioso club biancoblu.

Tutto questo avrei voluto raccontare al giovane collega piemontese, ma, come forse vi sarete accorti, sarebbe stata un’impresa ardua, se non impossibile. Come narrare in poche frasi più di mezzo secolo di storia, personale e collettiva? Meglio tacere e sussurrare, dentro di me: «Grazie, Carletu, grazie!»

Alberto Brambilla 

m.lualdi

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