Alluvioni e allagamenti? Uslenghi li aveva domati

Martedì a Cassano Magnago più di qualcuno ha guardato verso il cielo è si è fatto scappare un «grazie». Un ringraziamento a chi, testardo e determinato, è riuscito a imbrigliare Rile e Tenore, i due torrenti maledetti che fino agli anni Novanta hanno seminato distruzione.

Martedì il pensiero dei cassanesi è andato al sindaco Domenico Uslenghi, scomparso poco più di un anno fa, e alle “sue” vasche di laminazione con le quali ha scritto la parola fini alle devastanti alluvioni che per troppi anni hanno seminato il terrore a ogni temporale.

Anche il nostro pensiero è andato all’Uslenghi e alle notti trascorse in mezzo ai cassanesi protetti dai sacchi di sabbia accatastati davanti alle loro case.

Vent’anni fa le casse dei Comuni erano colme e Roma era meno ladrona, nel senso che dalla Capitale qualcosa arrivava e poco o nulla veniva sottratto. Sempre vent’anni fa la burocrazia era meno vincolante ed esisteva un’autorità competente: il Magistrato del Po, con sede a Parma. Insomma, non senza fatica, volere significava potere.

Oggi no. Proprio no.

È disarmante andare a fare la conta dei danni a Valle Olona, nelle stesse case e negli stessi cortili alluvionati nel 2009. Disarmante perché in questi cinque anni il comune di Varese non è stato a guardare, ma è intervenuto lavorando sugli argini dell’Olona, del Vellone e della Roggia Poscalla. Ha fatto quello che ha potuto. O meglio, ha fatto quello che i fondi a disposizione hanno consentito. Interventi senza i quali il nubifragio di martedì avrebbe creato bel altri danni.

Sono state messe”toppe” qua e là ma il vero intervento, quello risolutivo, non è ancora partito. Come a Cassano, anche qui la soluzione a tutti i problemi si chiama vasca di laminazione o bacino di contenimento. In parole povere un “grande buco” in grado di raccogliere le acque tracimante da fiumi, torrenti e rigagnoli, prima che facciano danni. Un intervento programmato e che partirà tra qualche mese, già sapendo però che non verrà ultimato perché mancano i soldi. O meglio, perché i soldi che dovevano arrivare da Roma, dopo l’esondazione del 2009, sono stati girati alla Toscana: uno scherzetto da 12 milioni di euro (dei 17 Varese ne avrà solo 5). Capitolo burocrazia: i lavori realizzati in questi anni sugli argini di Olona e Vellone sono stati rallentati di un anno e mezzo da un ricorso al Tar del secondo classificato al bando di concorso per l’appalto dei lavori.

Ricorso legittimo, per carità. Il dito perciò non va puntato contro chi ha voluto far valere i propri interessi, ma contro chi una volta ricevuta l’istanza non si è espresso velocemente, comprendendo l’importanza della faccenda per centinaia di famiglie.

Infine i tombini, responsabili dell’allagamento in altre zone della città (vedi l’area Iper) e di molti comuni del Varesotto. Quella dei tombini intasati dalla troppa sporcizia è una questione nota, davanti alla quale non resta che allargare le braccia.

I Comuni non hanno i soldi per una pulizia straordinaria. O meglio, dirottano le poche risorse che hanno per altre urgenze sperando e pregando che dal cielo non venga giù l’inferno.

All’epoca dell’Uslenghi le preghiere avevano un destinatario ben preciso, in grado di raccoglierle e di intervenire. Oggi si prega rivolgendosi a chissà chi, nella speranza che convinca la natura a non ribellarsi. Come invece ciclicamente fa.

Federico Delpiano

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