Le province e il Governo che partorì il topolino

Mai come oggi la distanza tra realtà e annunci appare siderale. Il Governo festeggia l’ormai imminente abolizione delle province, provvedimento che l’esecutivo considera epocale e di sicuro risparmio.

Un proclama roboante ma poco credibile. Anche perché smontabile da ogni punto di vista, nel merito e nel metodo. Delle Province ho già parlato e scritto spesso e sapete già come la penso. Per me andrebbero eliminate solo le più piccole, insieme a Regioni “bonsai” come il Molise. Inoltre, occorrerebbe accorpare i tanti Comuni (…)

(…) microscopici sparsi lungo lo Stivale. Ma cancellare in blocco tutte le province è e resta un errore madornale.

Da un lato, perché si allontana dai cittadini la gestione e la cura del territorio e si rende la vita impossibile ai centri abitati più piccoli e isolati, le cui istanze rischiano di restare inascoltate.

Dall’altro, perché c’è provincia e provincia. Quella di Varese, lo ricordo, ha un costo pro capite e un numero di dipendenti pari alla metà rispetto alla media nazionale. E il lavoro svolto in questi ultimi anni continua a dare buoni frutti.

Basti pensare al Campionato del Mondo 2016 di Canottaggio, che la Federazione internazionale ha assegnato (per meriti acquisiti sul campo) alla nostra Provincia nel giorno in cui, ironia della sorte, il Senato votava l’abolizione delle province. Ecco perché la cosa più saggia non è eliminare ciò che funziona, bensì costringere chi non funziona a comportarsi meglio. Come? Coi costi standard.

Vale a dire fissando per legge la spesa massima di ogni ente. Chi non rientra in quei parametri ha a disposizione un po’ di tempo per riuscirci, dopodiché viene commissariato e poi sostituito. Questo bisognerebbe fare. Peccato che nessuno sia mai andato oltre la propaganda. Nemmeno la Lega, che oggi grida allo scandalo.

Ma che ieri, quand’era al Governo e occupava parecchi posti al sole, non è riuscita a passare dalle parole ai fatti. Ciò che rende ancor più odiosa la cosiddetta riforma del governo Renzi, poi, è quell’aria da storica presa in giro che la circonda. Perché le province, per il momento, non vengono affatto abolite.

Fino al 2015 ce le teniamo così come sono, poi si vedrà. Nel frattempo, vengono degradate a enti di secondo livello. Vale a dire che i vertici non saranno più eletti dal popolo, ma scelti dagli amministratori. Tradotto, si risparmia sulla democrazia. E non si risparmia neanche tanto. Ad essere cancellati saranno gettoni e indennità di giunta e consiglio provinciale.

Un’inezia rispetto agli enormi costi della macchina burocratica. In compenso, il personale non verrà toccato, né ridotto. Anzi, se per caso, un giorno, le province venissero davvero cancellate, le loro funzioni e quindi i dipendenti, passerebbero a Regioni e Comuni. Ma attenzione.

Per legge il livello del personale pubblico, in caso di soppressione dell’ente di appartenenza, non può essere abbassato. Ergo, i dirigenti provinciali saranno automaticamente promossi a dirigenti regionali, andando a guadagnare molto di più.

Ecco spiegato come mai non ci sia un solo dipendente delle province che si dica preoccupato dalla riforma in corso. Allora, cari Renzi e Delrio, volete spiegarci dove sta il risparmio? E soprattutto: la smettete di scherzare?

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